De Zerbi: «Faccio fatica a godermi qualsiasi cosa, non sono mai contento»
Al Corsera: «bisogna capire quanto potrò allenare ancora. Io nel calcio non devo starci per forza. Ma ci voglio stare a modo mio»

Torino 17/03/2021 - campionato di calcio serie A / Torino-Sassuolo / foto Image Sport nella foto: Roberto De Zerbi
Il Corriere della Sera ha intervistato Roberto De Zerbi, allenatore del Marsiglia, in cui ha raccontato i suoi inizi col mondo del calcio
«È la prima volta che ne parlo: c’è un momento preciso della mia vita dove inizio a fare calcio per sistemare la mia famiglia. Passo dall’oratorio al Lumezzane e poi al Milan, fra il 1992 e il 1994, in coincidenza con la crisi economica in casa: siamo costretti a vendere la fabbrica di tappetini e passiamo anni molto difficili. A quel punto non scherzavo più. Uscito dalla Primavera, il giorno dopo la firma del primo quinquennale col Milan, ero in filiale a firmare il mutuo per comprare la casa ai miei genitori. Il calcio per me non è mai stato solo divertimento».
Questa tensione emotiva da calciatore le ha pesato?
«Mi ha tolto e dato. Mi nutrivo di quella motivazione: è stata un motore ma anche un freno perché quando sono riuscito a sistemare la mia famiglia ho avuto un down motivazionale. Ma quel modo di vedere il lavoro mi è rimasto dentro, come una spinta».
Quando lei porta i calciatori in ritiro per lavorare sulla «paura» del Velodrome e li fa uscire a correre alle 5 di mattina con il rischio di incrociare i cinghiali, lo fa per farli uscire dalla loro bolla?
«Probabilmente è stata la cosa più bella che ho fatto, quella più vicina a me come persona: ho ascoltato e compreso il malessere dei ragazzi, che in casa non riuscivano a rendere. Ho fatto qualcosa di forte, per farli conoscere tra di loro. E poi ho fatto tre riunioni: in una tiravamo fuori i sentimenti negativi che avevamo al Velodrome; il giorno dopo ogni giocatore ha raccontato i valori in cui si identifica, li abbiamo scritti e appesi; poi abbiamo mostrato un video sui tifosi al Velodrome, per far loro capire chi hanno davanti».
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Sente di poter crescere?
«Faccio fatica a godermi qualsiasi cosa, non sono mai contento. Allenare mi piace tanto — l’ultimo mese è stato uno dei periodi in cui mi sono divertito di più — ma bisogna capire quanto potrò allenare ancora. Come lavoro è pesante, Klopp ha ragione».
È una provocazione?
«No. Io nel calcio non devo starci per forza. Ma ci voglio stare a modo mio, ad esempio riuscendo a tirare sempre fuori le qualità dei giocatori».
Come vede l’ammucchiata in testa alla serie A?
«Sono contento per Gasperini, che all’Inter pagò colpe non sue: un po’ tifo per lui, perché gli avevano dato l’etichetta che non poteva sedersi su una grande panchina. E invece può stare ovunque. Il Napoli è più che vivo, l’Inter è forse ancora la più forte, il Milan sta giocando bene. È bello vedere tanta competitività».