Davide Lippi: «Papà prima di firmare per la Juve chiese scusa sulla tomba del nonno anti-Agnelli»

Alla Gazzetta: "A Napoli viveva a Discesa Gaiola, a strapiombo sul mare. La sera mentre fumava il sigaro passavano i pescatori: 'Ué, mistér, iamme a piscare'. E lui andava"

Lippi e Cannavaro

Db Nelspruit (Sud Africa) 20/06/2010 - mondiali Sud Africa 2010 / Italia-Nuova Zelanda / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Marcello Lippi-Fabio Cannavaro

Davide Lippi è un agente affermato e pur sempre il “figlio di” Marcello, il ct dell’ultima Italia campione del mondo. Voleva fare il calciatore, poi tanto padre lo chiama a fare il dirigente alla Juve. Ci resta male. “Poi mi decido e dico sì, anche se a lui non parlo per mesi – racconta alla Gazzetta dello Sport – Vado a Torino a vivere a casa di un amico, non da lui. Però ha visto giusto anche per questa… formazione. Non so dove sarei arrivato giocando, non ai livelli in cui sono da agente”.

Parla di lui, ovviamente, nell’intervista. Delle sue scaramanzie, per esempio: “Una stagione allena con un cappotto beige fino a maggio. Un’altra, alla Juve, dopo una ferita, mette un cerotto ogni domenica al dito, non lo toglie mai. Ma quello superstizioso è Moggi”.

Parliamo di un altro calcio. “A Siena vive nel quartiere della Torre: ha una Volvo verde bottiglia, noi andiamo a trovarlo da Viareggio con la direttissima, la corriera che ci metteva non so quante ore. Non dimentico però Lugaresi, il presidente del Cesena che gli comunica l’esonero in lacrime: ‘Non avrei voluto’, gli dice. Papà con lui era stato un signore. Aveva dato la parola che sarebbe rimasto, subito dopo è arrivata l’Atalanta ma lui non ha ceduto. Sarebbe andato lo stesso a Bergamo ma dopo, una grande Atalanta con Ganz, Rambaudi, Perrone e Montero, amico di una vita. Verso fine stagione non gli piace che parlino con Prandelli e va via. Al Napoli”.

“Città e squadra dove sarebbe voluto tornare. Vive a Posillipo, Discesa Gaiola, ha un appartamentino a strapiombo sul mare, una scaletta che arrivava in acqua e la sera, mentre fuma il sigaro, passano i pescatori e gli dicono: ‘Ué, mistér, iamme a piscare’. E andava. Società in difficoltà, i giocatori che la mettono in mora, ma arriva in Coppa Uefa”.

Moggi lo chiama alla Juve. E lui va sulla tomba del nonno, vecchio socialistone toscano anti Agnelli, a chiedere scusa perché accetta. Capisce i nostri valori familiari?”.

Arriva Calciopoli, lo scandalo Gea, c’è dentro anche Davide Lippi. “Non me l’ha mai detto, ma lascia la Nazionale per proteggermi, con il dolore dentro perché sarebbe rimasto e i giocatori lo volevano. C’è Calciopoli, il mio nome è facile da mettere in mezzo. Magari avrebbe vinto anche l’Europeo, preferisce fare il papà che il ct, poi commette l’errore di tornare due anni dopo”.

“Sceglie sempre me. Nel 2016 lo vogliono dt della Nazionale ma poi si accorgono che io sono agente e non si può: incompatibilità. Mah. Va a parlare con il garante delle opportunità e gli dice: ‘Ma allora il notaio non può avere un figlio notaio?’. Niente da fare. Oltretutto non ha mai messo becco nel mio lavoro. Anzi, me lo dice subito quando comincio. ’Davide, guarda che non prenderò mai un tuo giocatore in un mio club’. Mantiene la parola, anzi, uno c’è, è Brocchi. L’unico. Quando va al Guangzhou, però, gli dico: ‘Papà, e mo’ basta con questa storia. Puoi avere un mio giocatore’. Prendiamo Elkeson che per il club diventa una plusvalenza di 17 milioni, oltre a essere un grande attaccante. E facciamo un viaggio assieme, da soli, in Brasile, in cerca di nomi. Mai fatto prima, è bellissimo”.

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