Balotelli: «Dovevo andare alla Juventus, ma con Raiola abbiamo fatto una scappata a Milano e alla fine sono andato al Milan»

Al Festival dello Sport: «Non è un attacco a nessuno, però tante volte vedo giocatori giocare in Nazionale che non c'è più quella voglia di dimostrare, di difendere la maglia del paese e non mi fa piacere»

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Mg Parma 04/11/2024 - campionato di calcio serie A / Parma-Genoa / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Mario Balotelli

L’ex attaccante di Inter, Milan e Nazionale fra le altre, Mario Balotelli, ha parlato dal palco del Festival dello Sport di Trento organizzato dalla Gazzetta dello Sport e ha ripercorso la sua lunga carriera.

«Ho iniziato a giocare che avevo 3 anni. Giocavo al parco, in strada. A Palermo? Ero piccolo, sono tornato da più grande, ma i primi 3 anni li ho passati in ospedale. Ho iniziato a giocare a calcio più a Brescia. Enok? Con mio fratello giocavamo sempre, anche troppo. I nostri giocatori non sempre ci contenevano. Giocavamo più all’oratorio, ma anche per strada, a volte succedeva. Che bambino ero? Difficile, però buono. Se sono migliorato? Beh poi si matura». 

Lumezzane e Barcellona

«Io mi ricordo che volevo provare ad andare all’estero e i miei fratelli mi avevano trovato questo contatto a Barcellona e ho fatto un mesetto lì a Barcellona. Il Lumezzane però chiedeva tanti soldi e io avevo 15 anni. Il Barcellona non era dell’idea di spendere così tanti soldi per un ragazzo così giovane e alla fine ho firmato con l’Inter. In quella squadra c’erano Bojan Krkic, Giovanni Dos Santos, Thiago Alcantara, ma quelli della prima squadra non li ho conosciuti»

«In teoria dovevo andare alla Juventus, ma con Mino Raiola abbiamo fatto una scappata a Milano e alla fine sono andato al Milan. Ma io lascio Manchester per tornare in Italia e vado a Torino per andare alla Juventus». Mario Balotelli parla di un retroscena di mercato il Festival dello Sport di Trento.

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L’Inter

«Moratti mi ha aperto le porte di tutta la mia carriera. È stato una persona fondamentale per gli inizi della mia carriera. Oltre ad avermi dato un regalo di giocare all’Inter a quell’età che era stupendo, ma mi ha anche responsabilizzato perché dovevi fare risultati e a quell’età non era semplice. Quando Mancini mi voleva bene… (ride ndr.) No ma sto scherzando, penso mi voglia ancora bene».

Nel corso del suo intervento, SuperMario ha ricordato il triplete vinto con l’Inter: «Ti rimane dentro, sono esperienze che vorresti ripetere ogni giorno: un sogno. Però secondo me è l’Inghilterra ad avermi formato di più».

La crescita inglese e “wha always me”?

«L’esperienza con l’Inter è stato parte della mia crescita, ma secondo me è stata l’Inghilterra ad avermi formato di più. Era la prima volta che stavo da solo, non c’era la mia famiglia e non ero abituato. Ti forma nel bene e nel male, perché fai errori e devi uscirne da solo. Why Always Me? L’ho fatta prima della partita con un magazziniere, ero al centro dell’attenzione per i problemi ed è stato uno sfogo simpatico. I tabloid in Inghilterra hanno esagerato con me».

Il rapporto con Kolo e Yaya Tourè

«I fratelli Touré sono due ragazzi speciali, mi hanno tenuto sotto la loro ala protettiva sia al Manchester City che al Liverpool e nello spogliatoio conta prima la persona del giocatore e loro mi hanno aiutato molto. Kolo Touré dice che sono una persona dolce? Se l’ha detto vuol dire che è vero. Chi ti vede da fuori giudica i 90 minuti che vede in campo, posso capire che chi ti giudica da fuori non sappia che persona sei».

La Nazionale

«Per me la Nazionale è un punto fondamentale. Non è un attacco a nessuno, però tante volte vedo giocatori giocare in Nazionale che non c’è più quella voglia di dimostrare, di difendere la maglia del paese e non mi fa piacere. Quando ero in Nazionale ero fiero di rappresentare l’Italia e questa cosa per me manca. Sono stato l’ultimo centravanti ad aver giocato un Mondiale? Eh, me l’hanno detto».

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