Müller e gli altri, gli addii melodrammatici dei calciatori hanno stufato: si credono santi sulla Cappella Sistina (Zeit)
Müller è un mese che non fa altro che salutare, in Germania non ne possono più. "I giocatori sono egomaniaci, e i video d'addio sono diventati un ridicolo genere artistico"

Colonia (Germania) 27/05/2023 - Bundesliga / Colonia-Bayern Monaco / foto Imago/Image Sport nella foto: Thomas Muller ONLY ITALY
Il lungo, lunghissimo, addio di Thomas Müller verso il Canada è diventato un tormentone in Germania. Tanto che lo Zeit gli dedica un lungo editoriale ironico e affilato. Perché, semplicemente, non ne possono più degli infiniti saluti suoi e di tutti i calciatori come lui.
Quando si tornerà a giocare, scrive lo Zeit, “allora, sì, allora, forse tornerà finalmente la pace e per un po’ non dovremo più sentire parlare di Thomas Müller”. Il quale nelle ultime settimane “ha realizzato qualcosa di particolarmente miracoloso nel calcio professionistico, già ricco di stranezze: è riuscito a riempire la pausa estiva quasi da solo, con discorsi di addio, saluti di addio e video di addio, in ultima analisi con il suo ego, che ha potuto crescere ininterrottamente nel corso dei tanti anni della sua carriera, in ultima analisi slegato dai suoi successi sportivi”.
Müller è solo un esempio per esaminare il fenomeno più largamente inteso: “proprio durante la pausa estiva, quando il calcio è presumibilmente fermo, si apre uno sguardo nell’anima e nell’immagine di sé dei suoi personaggi principali. Si vedono personaggi a cui per così tanto tempo è stata data l’impressione di essere al centro dell’attenzione che finalmente ci credono loro stessi”.
Gli esempi sono infiniti, dalla incredibile festa di Vinícius con parco a tema, il “Vini World”. Ma Müller ha girato addirittura un cortometraggio nello stile del grande Helmut Dietl, con i suoi parenti, a cui vengono assegnati ruoli secondari, che siedono sulle rive dell’Isar come cowboy urbani e annunciano la loro emigrazione in America.
“Le immagini di quest’estate – continua lo Zeit – non sono solo espressione di nuove possibilità tecnologiche, media moderni e canali di comunicazione alternativi. Rappresentano anche un cambiamento di potere nel calcio. Quando Jürgen Klinsmann seguì i suoi colleghi Andreas Brehme e Lothar Matthäus all’Inter in Italia nell’estate del 1989, fu scattata una foto significativa durante la presentazione dei tre giocatori (non esattamente timidi): circondavano il loro allenatore, un certo Giovanni Trapattoni, che, come figura paterna e insegnante al centro dell’immagine, rappresentava chiaramente l’autorità suprema. La figura dell’allenatore è praticamente scomparsa dal circo di nuovi arrivi e partenze della pausa estiva. Un nuovo giocatore non viene più presentato come un apprendista o addirittura un destinatario di ordini, ma piuttosto, dopo la firma di un contratto, si posiziona come un partner commerciale almeno alla pari con il manager del club”.
“Quando un giocatore lascia un club dopo anni, non basta più semplicemente offrire un mazzo di fiori o un’espressione di gratitudine reciproca alla pari. Oggi, a chiunque se ne vada viene presentata una foto davanti a tribune gremite. Di recente, è emerso un genere artistico completamente nuovo: con la loro profusione di figure, i dipinti ricordano gli altari delle chiese, se non gli affreschi del soffitto della Cappella Sistina. Ma mentre in quelle la venerazione è diffusa tra ogni sorta di santi, nelle immagini eroiche del calcio si vede solo la stessa figura adorante, che corre, contrasta, tira, esulta, solleva un trofeo”.