Il calcio sta diventando amnesico, quasi nessuno ricorderà che Guardiola ha portato in alto il City (Athletic)
Mentre si gioca sempre di più, il calcio sta entrando nell'amnesia digitale, il fenomeno per cui l'abbondanza di informazioni influisce sulla capacità di ricordarle.

Manchester City's Spanish manager Pep Guardiola gestures on the touchline during the English FA Cup final football match between Crystal Palace and Manchester City at Wembley stadium in London, on May 17, 2025. (Photo by Glyn KIRK / AFP) / NOT FOR MARKETING OR ADVERTISING USE / RESTRICTED TO EDITORIAL USE
Nel calcio si dimentica troppo in fretta? Sembra infatti che stia entrando sempre di più nella cosiddetta “amnesia digitale”: troppe partite, troppi tornei, che ci stanno impedendo di ricordarci tutto (o quasi), come accadeva un tempo. Di un allenatore come Pep Guardiola, ad esempio, cosa sarà ricordato? Tutti i trofei che ha vinto con le sue squadre, come ha cambiato il calcio, o i recenti “flop” con il Manchester City?
L’ “amnesia digitale” condanna il calcio e sta colpendo anche Guardiola e il suo City
The Athletic scrive:
L’allenatore del Manchester City Pep Guardiola, prima della finale di Fa Cup a maggio, ha riflettuto sulla sua vita e sulla sua eredità fino ad ora: «Quando moriremo, le nostre famiglie piangeranno per due o tre giorni. Poi sarà tutto dimenticato. Nelle carriere degli allenatori, ci sono quelli definiti buoni e quelli cattivi. L’importante è che quelli buoni siano ricordati». Il posto di Guardiola nella storia del calcio è assicurato. Ha fatto tripleti, ha cambiato il gioco del calcio, le nazionali spagnola e tedesca hanno alzato la Coppa del mondo nel suo periodo di lavoro nei rispettivi campionati, un indicatore della sua influenza. L’Inghilterra deve ancora riuscirci. L’anno prossimo forse? Indipendentemente da ciò, le otto stagioni di Guardiola con il City hanno innegabilmente modificato il panorama calcistico nel Regno Unito. Eppure, la sua triste visione dei ricordi sembra derivare dal fatto che in molti, nel mondo del calcio, abbiano dimenticato la finale di Champions a Istanbul e gli standard alti raggiunti nel 2023. Mentre le squadre giocano sempre più partite e il tempo tra una stagione e l’altra si riduce, il calcio sta forse entrando nella sua era di amnesia digitale, il fenomeno per cui l’abbondanza di informazioni su Internet sta apparentemente influenzando la nostra capacità di conservarlo e ricordarlo.
Ogni partita rischia di essere ridotta a un video su Instagram o TikTok: scorriamo, guardiamo, ridiamo o sorridiamo, lo condividiamo, lo dimentichiamo. Prima del match tra City e Juventus, a Guardiola è stato chiesto del Mondiale per club: «Ora siamo qui, vogliamo fare bene. Forse dopo due o tre giorni alla fine del torneo, sarà tutto dimenticato». Se il City vincerà il Mondiale per club, sarà senza dubbio motivo di orgoglio all’interno del club, ma resterà la convinzione che la Premier sia il vero obiettivo, o la Champions, non il Mondiale per club. Non ancora almeno. «Non penso che dovremmo mai vivere pensando se saremo ricordati o no», aggiunse Guardiola in quell’intervista a maggio. Allora qual è lo scopo? Perché rinnovare per altri due anni? E’ solo una questione di calcio, o c’è un significato oltre l’essere ricordati? Più che amnesia, c’è nostalgia per come era il calcio: Mondiali con meno squadre, stagioni più brevi. Cosa succederà al calcio se morirà? Non succederà, sicuramente. Ma se dovesse accadere, quelli che l’hanno amato probabilmente ricorderanno quei giorni, apparentemente migliori, in cui i ricordi fatti erano ricordi che duravano.