Il calcio di Luis Enrique è un inno al coraggio: sembra di rivedere i principi dell’Ajax di Cruyff (El Pais)
Scrive El Pais: "I suoi inviti al coraggio sono sinceri perché, nel profondo della sua anima, dopo aver visto morire la figlia Xana, guarda il mondo con gli occhi di chi è stato nei luoghi più bui e ne è tornato"

Paris Saint-Germain's Spanish headcoach Luis Enrique looks on during the French L1 football match between Toulouse FC and Paris Saint-Germain (PSG) at The TFC Stadium in Toulouse, southwestern France, on August 19, 2023. Charly TRIBALLEAU / AFP
La vittoria del Psg sull’Inter sabato sera nella finale di Champions League, ha consacrato Luis Enrique nell’élite mondiale degli allenatori. Adesso tutti vogliono prendere spunto da lui, il suo calcio è un inno al coraggio. Ne parla quest’oggi El Pais, a seguire un breve estratto.
Luis Enrique e quel calcio che è un inno al coraggio!
“Pochi episodi spiegano meglio la consacrazione di Luis Enrique come il suo discorso nello spogliatoio del Psg, la prima delle sere in cui sentì che il progetto stava sfuggendo di mano. Aveva l’acqua fino al collo. La Real Sociedad aveva divorato il Psg nel primo tempo dell’andata degli ottavi di finale nel febbraio 2024. L’allenatore asturiano sentì il dovere di smuovere le coscienze dei giocatori che si vedevano eliminati, temevano di perdere palla e cominciavano a dubitare se rischiare o meno con passaggi bassi sulle fasce centrali quando gli avversari li incalzavano”.
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“Luis Enrique è convincente perché lo sente. I suoi inviti al coraggio sono sinceri perché, nel profondo della sua anima, dopo aver visto morire la figlia Xana, guarda il mondo con gli occhi di chi è stato nei luoghi più bui e ne è tornato. Il messaggio ha finito per trovare eco in una squadra con un’età media di 25 anni, la più giovane nella storia ad aver vinto una Champions League. La vittoria per 5-0 contro l’Inter, sabato a Monaco, ha incarnato con insolita forza tutti quei principi di dinamismo, generosità, empatia e ribellione creativa che hanno iniziato a diffondersi in tutta Europa quando Stefan Kovacs e Rinus Michels li hanno introdotti all’Ajax”.
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Nel 2022 Dotto aveva ricordato l’uomo e anche il suo burrascoso passaggio alla Roma
“Un calvario il passaggio a Roma. Che nel tempo Lucho ha imparato ad amare, come tutte le cose che lo hanno aiutato a crescere. Un (fragile) marziano a Roma. Ridotto a una larva dal massacro di una piazza che sa essere feroce come poche. «Sto male», disse una volta pubblicamente e si capì che stava male veramente. Aveva detto: «Voglio dare il gioco alla Roma e la gioia ai suoi tifosi». Non ci riuscì. Se n’è andato per consunzione. Invecchiato di dieci anni. E fu solo un anno, un anno di troppo. «Che cosa ho fatto di male per meritare tutta questa merda?» disse. Il più struggente, accorato grido di dolore mai udito prima nei postriboli del calcio. Luis Enrique resta per molti, sempre meno, un allenatore incomprensibile, uno dei meno pagati del Mondiale: 1,15 milioni, cinque volte meno di Flick strapazzato dai giapponesi e suo prossimo rivale nella sfida dentro o fuori. Ma l’uomo non finisce di stupire”.