Oriali: «La Juventus? Non so cosa farà Conte, mi auguro si possa continuare qui. Glielo dico tutti i giorni»

A Raidue: «Napoli una delle esperienze più belle della mia vita calcistica. Spero ci sia ancora la possibilità di regalare altre soddisfazioni a questo popolo»

Conte

Mg Verona 18/08/2024 - campionato di calcio serie A / Hellas Verona-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Antonio Conte-Gabriele Oriali

Oriali: «Napoli una delle esperienze più belle della mia vita calcistica. A Conte lo dico tutti i giorni»

Oriali a Raidue nel corso della festa del Napoli:

«È stata una delle esperienze più belle della mia vita calcistica. Spero ci sia ancora la possibilità di regalare altre soddisfazioni a questo popolo. La Juventus? Non so cosa farà il mister, mi auguro si possa continuare qui, sinceramente mi sono trovato molto bene qui… Se glielo abbiamo detto? Tutti i giorni».

 

 

Oriali, una seconda vita da vecchio saggio. Sarebbe un onore se rimanesse anche senza Conte (il Napolista – di Fabio Avallone)

Ora che sono quattro, il giochino dei confronti si fa più complicato. Il primo è stato quello di Diego, del riscatto, quello inimmaginabile. Appena dietro: le figure di Italo Allodi e Ottavio Bianchi, i gol in trasferta di Bruno Giordano, quelli di Carnevale. La fascia di capitano che Bruscolotti cedette in cambio di una promessa. Mantenuta.

Sul secondo si staglia ancora l’immagine di Diego, naturalmente. E poi Crippa, Careca, Alemao, il duello con il Milan. Moggi non ci piace tanto ricordarlo per tutto quello che è successo dopo, ma ebbe un ruolo importante. In panchina c’era Bigon che ebbe il merito di tenere la barra dritta ad inizio campionato, quando Diego non era ancora tornato.

Il terzo è stato lo scudetto poliglotta di Kvara, Osimhen, Lozano, Politano, Kim e Anguissa. E di Spalletti, ovviamente. Lui che era l’unico ad avere esperienze di campionati con la sosta invernale, lui che coniava motti che parlavano di destini e di uomini forti e che sulle pettorine fece scrivere “sarò con te”. Fu lo scudetto di tutti i calciatori, anche. Di Raspadori e Simeone, di Elmas e persino di Ndombele, pronti ad entrare, a segnare e dare tutto ogni volta. Fuori dal campo, durante la lunga e trionfale cavalcata, si distinse per protagonismo Giuntoli, man mano sempre più presente. Stava preparando l’approdo alla Juventus, il suo sogno da sempre.

E questo, il quarto? Questo è stato lo scudetto di Lukaku e McTominay, certo. Ma di più ancora è stato lo scudetto di Conte, l’uomo del Sud ma venuto dal Nord a far vedere come si fa. Conte che è arrivato juventino, sopravvalutato, antipatico, piangione e che ora (probabilmente) se ne va fortissimo, determinato e determinante. Vincente.

Durante il precampionato rimasi impressionato dalla quantità di uomini dello staff che era arrivata insieme a Conte. Sul campo del Castel di Sangro c’erano quasi più preparatori, match analyst e collaboratori tecnici che calciatori.

Tutti voluti da Conte, tutti coordinati da Lele Oriali. Calciatore straordinario e, dopo aver lasciato il campo, dirigente di primissimo piano. Uomo di calcio a 360 gradi.

Da calciatore è stato senza dubbio un vincente. Due scudetti con l’Inter e soprattutto un Campionato del Mondo da protagonista. Ma la bacheca che può vantare da dirigente è semplicemente impressionante: prima dello scudetto del 23 maggio aveva già vinto una coppa Uefa e una coppa Italia con il Parma, 5 scudetti, 3 coppe Italia, 3 Supercoppe italiane e 1 Champions League nella prima esperienza all’Inter; il campionato europeo con l’Italia e poi un altro scudetto con l’Inter. La Nazionale l’ha abbandonata nell’agosto 2023, con l’arrivo di Spalletti e poco dopo aver accettato di venire a Napoli, insieme ad Antonio Conte.

Da allora ha accompagnato gli azzurri in ogni partita, in ogni allenamento. Presenza discreta, la sua, dal ritiro e fino alla fine. Durante la premiazione era con lo staff, di lato, ad applaudire e incitare chi andava a farsi consegnare la medaglia.

Non sappiamo quali parole abbia usato per motivare e tenere sulla corda tutti fino all’ultima giornata. Lo possiamo, però, intuire dagli sguardi che gli rivolgevano i calciatori. Ogni volta che le telecamere hanno catturato le immagini di qualche colloquio tra Oriali e un calciatore, la reazione è stata sempre la stessa: di colpo occhi ed orecchie aperte, concentrazione immediata. Attenzione. Rispetto. Anche nei momenti più concitati.

Di interviste in questi dieci mesi non ne ha rilasciate tante. Quando ha parlato lo ha fatto per tranquillizzare e dettare la linea. L’ultima dichiarazione risale all’ultima sosta per le nazionali. Mancavano nove partite, l’Atalanta era ancora in corsa. “Siamo qui, siamo contenti ma non appagati, siamo concentrati. Lavoro e sacrificio e vediamo dove arriviamo”.

Le parole d’ordine di Conte, insomma, che non a caso lo ha voluto con sé tante volte durante la sua carriera.

Quando l’arbitro ha fischiato la fine di Napoli-Cagliari ad Oriali sembrerà di aver vissuto un déjà-vu. Sì perché non è la prima volta che si è trovato in campo, a Napoli, mentre gli azzurri vincevano il titolo.

Era già accaduto il 10 maggio 1987. Oriali era a fine carriera, ultima delle sue 392 gare in Serie A. Indossava la maglia viola come i suoi compagni del Mondiale ’82, Antognoni e Claudio Gentile. Come Ramon Angel Diaz, che a Napoli era passato in un brutto momento. E come Roberto Baggio, che proprio quel giorno segnò la prima rete in Serie A e che su quel campo, 3 anni dopo, ancora contro Maradona, avrebbe vissuto una delle sue più grandi delusioni sportive della sua carriera. Probabilmente gli unici due ad essere stati in campo il 10 maggio ’87 e il 23 maggio ’25 sono Oriali e Starace.

Il Guerin Sportivo, qualche settimana prima di quella partita, gli aveva dedicato un ampio servizio intitolato “Lele al vento” in cui veniva descritto come un vecchio saggio, consigliere privilegiato di Mr. Bersellini, sempre pronto a mediare nello spogliatoio e abile a gestire i momenti complicati.

Un profilo quanto mai azzeccato, dunque. Qualità che ha confermato durante questa stagione, chiamato ad interpretare un ruolo che forse nel Napoli dell’era De Laurentiis non c’è mai stato. Un dirigente autorevole e presente, in grado di prevenire quelle dinamiche deleterie che a Napoli in passato hanno portato, per esempio, alla formazione di clan nello spogliatoio, per non parlare dell’ammutinamento.

Vedere Oriali esultare e soffrire a bordo campo è stato, credo, un motivo di orgoglio per tutti i tifosi. Tanto che stupisce che in questi giorni di incertezza sul futuro di Conte, nessuno si sia chiesto se Oriali resta o se ne va.

Non sappiamo se lo abbia fatto De Laurentiis, nel dubbio glielo chiediamo noi di restare: Rimani, Lele. Di uomini di calcio come te ce ne sono pochissimi. Sarebbe un onore averti ancora al nostro fianco.

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