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Se Conte vince con Juan Jesus e Spinazzola (e senza Kvara), è perché ha dato un senso alla parola squadra

Ha stravolto l’individualismo imperante fino a poche settimane prima del suo arrivo. Ha una profonda conoscenza del suo lavoro vissuto come missione

Se Conte vince con Juan Jesus e Spinazzola (e senza Kvara), è perché ha dato un senso alla parola squadra
Mg Torino 21/09/2024 - campionato di calcio serie A / Juventus-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Antonio Conte

La forza che il Napoli ha acquisito col progredire del campionato è tutta di Antonio Conte. È il vero protagonista di questa stagione. Ha stravolto il bioritmo della società, la preparazione dei calciatori. Sarà entrato nelle menti di tutti i dipendenti del club, chiedendo di più persino a Tommaso nello zuccherare (o non zuccherare) il caffè. O magari pronunciandosi pure su quali contenuti social fosse giusto pubblicare o meno. Ha letteralmente stravolto l’individualismo imperante fino a poche settimane prima del suo arrivo e il bello sta nel fatto che ne era convinto sin dalla presentazione. «In un’annata storta di certo non c’è tutto da buttare». Sembrava solamente un’affermazione buttata lì per statistica, per grandi numeri. Come a dire qualcosa di buono dovrò pur trovare. Poi dopo un mese disse che si sarebbe aspettato situazioni più semplici. Ha mollato? L’esatto contrario.

Conte ha vinto a Firenze con Spinazzola al posto di Kvaratskhelia

Eppure si sentiva dire in giro a Napoli che fosse venuto soltanto per la tifoseria o perché – come se non fosse Antonio Conte – non aveva trovato di meglio. Certo, a parità di offerte se l’avessero chiamato in Premier forse sarebbe andato di corsa (è da biasimare?), ma ciò che sorprende è la lungimiranza del professionista. Ce lo avevano detto ma quando lo osservi dall’interno fa tutto un altro effetto. Conte ha reso innanzitutto il Napoli una squadra di calcio e sapeva che sarebbe successo. Ci raccontava altro ma non aveva dubbi che avrebbe migliorato Anguissa, reso centrale nel progetto tecnico gente come Rrahmani e Politano, dato un senso anche nei suoi princìpi di gioco alle geometrie di Lobotka, risvegliato il senso del gruppo in Di Lorenzo che aveva già due piedi fuori da Napoli. Ecco forse perché è così deluso dalla questione Kvaratskhelia. Forse è l’unico neo – crede lui, non noi – della sua gestione, quella di un perfezionista molto duro con se stesso. Nell’ultimo mese il Napoli ha perso il georgiano, Buongiorno e Politano, poi Olivera per una botta al polpaccio. Di certo non avrebbe potuto vincere 3-0 a Firenze con Spinazzola (rileggere il nome attentamente) ala sinistra al posto di Kvara – e ora vuole metterci Garnacho, questo per far comprendere come non sia uno che si accontenta.

Invece di decrescere il Napoli ha continuato a migliorarsi. Ha cominciato a creare più occasioni da gol e ha mostrato il lavoro settimanale sulle occasioni offensive. Ora Di Lorenzo, Anguissa, Politano e Lukaku sanno a memoria come trovarsi anche in questi nuovi schemi. Sulla sinistra ha trovato Neres (ma più che altro l’ha scelto, e lo ha scelto la scorsa estate) e di McTominay non dobbiamo neanche dire. Non ci sorprenderebbe che questo suo lavorare alla creazione dell’organo squadra abbia influenzato pure Meret che è sempre stato un ottimo portiere ma quest’anno sembra essere più in sintonia, anche emotiva, col resto della squadra. A Bergamo il Napoli ha già vinto con Juan Jesus in campo (l’anno scorso addirittura con Natan), ma nessuno a Napoli avrebbe mai pensato che dopo 20 giornate nessuno si stesse ponendo il problema dell’assenza di Buongiorno. Un difensore pagato 40 milioni, considerato fondamentale nel Napoli di Conte e con l’aura del migliore acquisto di tutte le squadre di Serie A. E forse lo è pure.

È solo che Conte riesce a dare qualcosa in allenamento che a noi non è dato sapere. Parliamo di qualcosa che conosce solo chi l’ha visto, chi l’ha avuto. Come confermano, ad esempio, le dichiarazioni di Buffon e Bonucci. È comunque vero – lo diceva Allegri – che nel calcio come nella vita esistono le categorie. Conte sa proprio fare l’allenatore di calcio in tutte le sue sfaccettature e a un livello altissimo. E siamo certi che non lo faccia facendo sentire importanti i calciatori. Anzi, forse facendoli sentire pure meno importanti di lui. Non coccolandoli quasi mai. Solo facendoli sentire bene coi fatti, col gioco. Rendendo loro visibili tutti gli eventi della prossima partita, cosicché giorno dopo giorno, quando i calciatori vedono accadere ciò che provano e gli riesce, si accorgono di chi hanno davanti (lo ha confermato lo stesso Lukaku nell’intervista di ieri). E tra loro si aiutano un po’ in più. Non c’è dubbio che nessuno al mondo sia impattante come Antonio Conte in un gruppo di lavoro. Un giorno, lontano lontanissimo, diventerà un richiestissimo consulente di grandissime aziende.

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