Al Foglio: «Faccio fatica a credere che certi fisici si costruiscono solo in palestra, ma dall’antidoping non viene fuori nulla. O bianco o nero, la complessità non esiste più»

Julio Velasco, ct della pallavolo femminile, alle Olimpiadi sta facendo benissimo: tre partite, tre vittorie con un 3-0 finale alla Turchia che proprio non immaginava. Anche nell’intervista al Foglio Velasco rifugge la banalità.
«Stiamo lavorando per crescere costantemente come singoli e come squadra. Abbiamo imparato anche uno dei miei concetti fondamentali: in campo si può soffrire ma non subire. E nei momenti importanti, quando c’era da soffrire non abbiamo subito, come nel primo set con l’Olanda o nel terzo con la Turchia. Non ci dobbiamo nascondere, nessuno crede che un quarto di finale dentro fuori sia una partita come le altre. Sarà una partita dove la troppa motivazione non deve diventare ansia perché se pensiamo solo di spaccare il mondo rischiamo di perdere lucidità».
Il parco Giochi olimpico sta vivendo un momento particolare per lo sport femminile. Julio Velasco non è uno che scappa di fronte alle domande scomode, anzi gli piace cercare di schiacciare nel campo avversario. Non si tira mai indietro.
«Le Olimpiadi più brutte sono state quelle con i boicottaggi, Los Angeles e Mosca quando si è usato lo sport per questioni politiche e già che non ci siano boicottaggi è una cosa buona. Poi noi viviamo un periodo del pensiero binario, o è bianco o è nero. La complessità dei temi non esiste più tutti abbiamo le idee chiare. Siamo a favore o siamo contro la pugile con una facilità assurda. Molti pur non sapendo bene di cosa si tratti prendono una posizione. Io credo che dovremo accettare l’esistenza di cose complesse e questa dell’identità di genere è una di quelle».
E qui Velasco affonda i colpi:
«Tutti stanno parlando della pugile algerina Imane Khelif, ma se uno guarda il suo fisico e quello di altre atlete e non faccio i nomi perché se no finisco come Zeman, beh io avrei più sospetti sui fisici di altri atleti che su quello della pugile. Io faccio fare pesi ai miei giocatori da quarant’anni e faccio fatica a credere che certi fisici si costruiscono solo con il lavoro in palestra. Poi dai controlli antidoping non viene fuori nulla e non possiamo dire nulla, però… Non capisco questo scandalo per la pugile e poi nessuno dice nulla su altre situazioni che solo a vederle…».
Velasco parla di doping
«Il problema è complesso ed esiste da sempre, un po’ come la corruzione. Non la risolveremo mai, ma bisogna contenerla. Dovremo fare lo stesso con il doping. Il problema è che il doping nasce dalla scienza e nella ricerca scientifica per curare le persone si fanno investimenti mostruosi in tutto il mondo e proprio da certe ricerche poi nascono le idee per il doping come capitato con l’epo. È un’utopia pensare che ci possa essere una struttura all’altezza per combattere il doping, quindi il problema esiste. Bisogna lavorarci continuamente».
Velasco poi se la prende con il “doping dei passaporti”, cioè con gli atleti che cambiano nazionalità senza problemi:
«Qui è semplice, tutti gli sport dovrebbero avere la stessa regola del calcio dove se un giocatore ha giocato con una nazionale poi non può passare a un’altra. Qui non c’è bisogno si investimenti o scienziati. È semplice. Basta dire che chi ha giocato per una nazionale non può giocare in un’altra anche se cambia nazionalità. Il flusso è sempre da paesi poveri a paesi ricchi e non mi sembra vada d’accordo con lo spirito olimpico».