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Sara Luisa Fahr: «È un colpo al cuore quando mio fratello mi dice “ti conosco poco”»

La pallavolista centrale dell’Imoco e della nazionale a Sette: «A 5 anni vivevo per la ginnastica poi sono diventata più alta delle altre ragazze con cui facevo ginnastica e ho capito che quella non era la mia strada»

Sara Luisa Fahr: «È un colpo al cuore quando mio fratello mi dice “ti conosco poco”»

L’inserto del Corriere della Sera, Sette, ha intervistato  Sara Luisa Fahr, la pallavolista centrale dell’Imoco, squadra di volley di Conegliano che, dal 2012 a oggi, ha vinto 7 scudetti, 20 trofei italiani e 4 internazionali.

Primo amore la ginnastica, ma il fisico non l’ha aiutata: «Avevo solo 5 anni. Per me era tutto. Guardavo il docu-reality con Carlotta Ferlito, mi immaginavo a volteggiare come lei. Stavo bene. A un certo punto il mio fisico ha iniziato a prevalere, ero decisamente più alta delle altre ragazze con cui facevo ginnastica (oggi ha raggiunto i 192 cm, ndr) e ho capito che quella non era la mia strada: l’insegnante non mi convocava per i camp estivi, mi sentivo esclusa»

Con la pallavolo. non è stato amore a prima vista, «Per un periodo ho fatto entrambi gli sport e a volte andavo all’allenamento di pallavolo senza scarpe, talmente ero assorbita dalla ginnastica dove non erano necessarie».

Poi un’amica l’ha convinta ed è entrata nella squadra under 12. Da lì non ha più smesso. A 13 anni era già fuori casa, da Piombino a Novara.

Com’è stato crescere lontano?

«Andavo a scuola, il pomeriggio studiavo, la sera mi allenavo: tutto girava intorno alla pallavolo. Mi spiace non essere cresciuta con mio fratello Gianluca, quando sono andata via aveva 6 anni e non aveva il telefonino, comunicare non era facile. Ora ne ha 17, è alto 2metri e 10».

Siete molto legati?

«Quando mi dice “ti conosco poco” è un colpo al cuore. Ora che mamma e papà si stanno separando siamo ancora più legati».

Dal 2018 gioca in Nazionale, ma all’Europeo si fece male al legamento crociato del ginocchio destro

Un infortuniomolto grave per uno sportivo.

«L’ho presa da subito piuttosto bene, ogni atleta deve mettere in conto di farsi male prima o poi. I medici mi hanno detto della rottura poco prima che andassi a pranzo, sono arrivata e negli occhi delle ragazze leggevo “oh, poverina”, io invece ridevo e scherzavo. L’ho presa come un’opportunità per capire chi ero fuori dalla pallavolo».

Cosa ha capito?

«Che non è sempre tutto o bianco o nero. Che si può godersi un po’ la vita pur essendo sportivi di alto livello: ci sono amici, affetti e un mondo da scoprire. E ho capito che ci sono anch’io, che voglio crescere e pensare al mio futuro. Ho una passione per la psicologia, mi sono iscritta all’Università. Studio, ma molto lentamente. Un mio sogno è quello di aprire un bed & breakfast».

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