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Il Napoli di De Laurentiis ha sempre considerato un intralcio l’Europa League

Tranne rare occasioni, ogni volta riappariva il fantasma del doppio impegno. È mancato lo sguardo lungo che hanno avuto a Bergamo

Il Napoli di De Laurentiis ha sempre considerato un intralcio l’Europa League
Db Napoli 24/02/2022 - Europa League / Napoli-Barcellona / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Victor Osimhen

Il Napoli di De Laurentiis è sempre stato refrattario all’Europa League

Il successo dell’Atalanta, che consegna il primo trofeo internazionale alla città di Bergamo e consente all’Italia di festeggiare un trofeo internazionale “pesante” dopo l’ultima Champions del 2010, ha un gusto decisamente gradevole e particolare. Non era la sfida di Davide contro Golia ma certamente un modo di fare calcio (non solo stare sul campo) che in Europa prende sempre più piede e forse segna un cambio culturale.
Hanno colpito la composta gioia e l’ordinata euforia dell’Atalanta e dei propri tifosi. Consapevoli in questa stagione di poter fare davvero qualcosa di indimenticabile. Ordine e compostezza che sono figlie della consapevolezza di un percorso virtuoso perseguito con determinazione e fiducia nel proprio percorso. L’Europa League dell’Atalanta è un successo che affonda le proprie radici in scelte sempre orientate alla crescita ed alla consapevolezza. Un successo che nasce dal lavoro silenzioso e serio di un presidente che ha sempre messo la crescita e la squadra prima anche delle piccole meteore che hanno prima illuminato e poi infestato il cielo bergamasco.
La vittoria dell’Atalanta non fa il paio con la vittoriosa stagione del Napoli dell’anno passato. Le azioni successive ai trionfi saranno completamente diverse. A Bergamo questa vittoria certamente non cambia la consapevolezza di ciò che si è. Percassi certamente non vorrà intestarsi da solo il successo. Manterrà rispetto dei ruoli, rispetto del gioco e rispetto delle competizioni alle quali l’Atalanta prende parte.
A differenza di Bergamo, in maniera assolutamente impropria Napoli e il Napoli hanno sempre visto come un intralcio l’Europa League. La proprietà, nelle edizioni a cui ha preso parte, arrivando solo due volte oltre gli ottavi, non ha mai provato empatia per la seconda manifestazione europea. Considerata spesso più un intralcio logistico poco remunerativo, senza ovviamente coglierne l’essenza e senza comprendere che giocare al meglio l’Europa League consente di immettere nel tessuto connettivo, per società e giocatori, minuti di esperienza internazionale e lezioni di come stare al mondo.
Fa sorridere il tanto strombazzato record societario di quattordici partecipazioni consecutive alle coppe europee, con solo tre viaggi oltre gli ottavi. Non superando mai il turno da sfavorita, cadendo rovinosamente, più volte nei 180′, a volte con squadre tutto sommato battibili (Viktoria Plzen, Dnipro, Lipsia, Granada). La strada da fare per il Napoli in Europa possiamo dire che non è mai realmente cominciata. Il dato di tre presenze ai turni oltre gli ottavi, su quattordici partecipazioni, è più eloquente di tutto.
Le responsabilità ovviamente non sono solo societarie. Anche i tecnici che si sono succeduti, con buona pace di Benitez ed Ancelotti, hanno sempre mostrato la loro insipiente inadeguatezza ed ancestrale ritrosia nella gestione del doppio impegno, sia con il primo Mazzarri sia con Sarri le peggiori performance europee a livello di Europa League). La tifoseria del Napoli, molto peggio di come si racconta, ha sempre snobbato le competizioni europee, a meno che non fosse per andare a vedere il Rex, indossando il vestito buono. Differenza netta con la tifoseria atalantina, che dopo diversi anni di sconforto, ha trovato modo di ricompattarsi diventando sempre più appassionata e più calorosa. Può apparire assurdo, ma è cosi. A Bergamo si è lavorato anche in tal senso favorendo un cambio generazionale anche nelle curve, cosa che a Napoli non è successa.
La cosa positiva, può sembrare paradossale, è saltare un anno le coppe. Questa stagione per il Napoli è stata devastante. Sia in termini di credibilità societaria che sportiva. La squadra è da ricostruire soprattutto mentalmente. C’è bisogno di rinascere dalle proprie ceneri. la ricetta è unica.
Affidarsi ad un uomo nel quale si crede ciecamente. Altrimenti ha ragione il sindaco di Bari Decaro.
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