ilNapolista

Jankto: «Per molti un omosessuale dev’essere effeminato. Abodi venne a chiarire dopo le sue frasi su di me»

A L’Equipe: «Ero preoccupato dopo il mio coming out, invece non è successo niente. Il pubblico forse è più maturo di quanto pensiamo»

Jankto: «Per molti un omosessuale dev’essere effeminato. Abodi venne a chiarire dopo le sue frasi su di me»
Mp Bologna 02/09/2023 - serie A / Bologna-Cagliari / foto Matteo Papini/Image Sport nella foto: Jakub Jankto

Jankto, centrocampista del Cagliari, racconta a “L’Equipe” l’esperienza del coming out e come questo ha cambiato la sua vita da calciatore.

Sei un calciatore diverso da quando hai fatto coming out?

«No, sono sempre lo stesso, non è cambiato nulla, perché ho sempre fatto distinzione tra la mia vita personale e il mio lavoro, cioè lo spogliatoio, il campo, lo stadio. Forse sarei cambiato se ci fossero state reazioni negative dalla tribuna, ma non è stato così».

E tu sei una persona diversa?

«Il coming out ha cambiato alcuni aspetti della mia vita, non mi nascondo più, penso di essere stato da esempio per tante persone, perché da allora va tutto molto bene. Ma non mi sento diverso».

Avevi una relazione con una ragazza, era per seguire il modello classico del calciatore?

«Sono cresciuto con Marketta, la nostra relazione è durata cinque anni, andava bene, mi sentivo abbastanza bene mentalmente, siamo genitori di un ragazzino, sarebbe potuta andare avanti ma ho preferito che la nostra relazione finisse due anni fa. Non aveva senso continuare, avevo 26 anni e avevo ancora tutta la vita davanti. Prima ho fatto coming out con lei, poi con la mia famiglia e poi con i miei amici».

Jankto: «Dopo il coming out sapevo che non avrei firmato per l’Arabia. Non pensavo di ricevere tanto sostegno»

Le reazioni al coming out

«Mi aspettavo che innescasse qualcosa di grosso, perché era una novità, ma non pensavo che Real, Arsenal o Barça avrebbero commentato, sostenendomi. Ho ricevuto decine di migliaia di messaggi, addirittura centinaia di migliaia! E’ stato preso meno bene dall’Africa e dal mondo arabo. Da lì provengono i commenti e gli insulti più negativi».

Come è stato il tuo ritorno in Italia la scorsa estate, al Cagliari (ha giocato dal 2014 al 2021 ad Ascoli, Udinese e Sampdoria Genoa)?

«Ero ancora un po’ scosso, non sapevo come sarebbe andata in Italia. Claudio Ranieri (l’allenatore), che avevo alla Sampdoria e che mi voleva al Cagliari, mi disse subito: “Se c’è il minimo problema ti do una mano”. Quando sono arrivato all’aeroporto il primo giorno, molti sostenitori mi hanno accolto; da lì mi sono calmato. E, dal secondo giorno, ho avuto la massima tranquillità. La Sardegna mi ha aiutato tantissimo, è un popolo straordinario e ringrazio davvero la sua gente. Ero ancora un po’ in apprensione per le partite e poi, per quanto possa sembrare sorprendente, tutto è andato bene. Ma il calcio italiano lotta da tempo contro gli insulti discriminatori nei suoi stadi. Ogni stagione accade qualcosa di altamente riprovevole.
Il pubblico è forse più maturo di quanto pensiamo. Se mi incontri per strada, non pensi che io sia gay, quindi forse questo li aiuta a pensare che non siamo diversi dagli altri. Dopotutto, per molte persone ancora, un omosessuale è un ragazzo molto effeminato.».

In questo caso si tratta di una doppia discriminazione…

«Lo so! Ma, sfortunatamente, molti ragionano ancora così. E sono a disagio quando si incrociano o vedono omosessuali effeminati».

Alla fine c’è stata una sola reazione negativa quando sei tornato in Italia, ma è arrivata dalla persona più importante del calcio italiano, il ministro dello Sport Andrea Abodi che aveva detto: “Rispetto le scelte individuali, ma non mi piace l’ostentazione.”

«Le generazioni più anziane non hanno ancora capito alcune cose (Abodi ha 64 anni). Ovviamente, non ero d’accordo, soprattutto perché non sono uno che si mette in mostra. Due settimane dopo è venuto a Cagliari e voleva vedermi per chiarire le cose, ho apprezzato».

Non vuoi essere un ambasciatore per la causa Lgbt (lesbica, gay, bisessuale e transgender) nel calcio?

«Le istituzioni calcistiche non mi hanno contattato ufficialmente, ma comunque non voglio essere un ambasciatore e non cambierò idea. Ho fatto questo coming out pubblico, perché sono stato il primo giocatore di questo livello a farlo. Altrimenti, non mi piace fare troppo del fatto che io sono omosessuale. Un ragazzo etero deve farlo?»”

ilnapolista © riproduzione riservata