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Della Vida: «Quando ho conosciuto Sinner non l’ho visto, l’ho sentito. Tirava delle botte pazzesche, ma gli mancava il fisico»

A Fanpage: «In Italia c’è la critica facile. Un amico mi ha detto che Medvedev è un perdente perché ha perso 5 finali su 6. Ma lui intanto ci arriva in finale»

Della Vida: «Quando ho conosciuto Sinner non l’ho visto, l’ho sentito. Tirava delle botte pazzesche, ma gli mancava il fisico»
Miami (Stati Uniti) 31/03/2024 - Miami Open / foto Imago/Image Sport nella foto: Jannik Sinner ONLY ITALY

Fabio Della Vida, responsabile dell’agenzia di management che si occupa degli interessi di Jannik Sinner, è stato intervistato da Fanpage. Della Vida ha parlato del tennista italiano, ma anche delle cose che ha imparato facendo un mestiere come il suo.

Come si entra in sintonia con un tennista?

«Wilander mi ha spiegato una cosa importantissima: che il giocatore lo vedi fuori dal campo oltre che in campo. È verissimo, bisogna osservare come si allena, come gestisce la giornata, che tipo di famiglia ha. Tutti poi sanno fare dritto e rovescio, ma quelli che riescono ad emergere hanno doti interiori e morali importanti che fanno l’80% del giocatore. E devi essere bravo a indovinarle».

Il tennis è spietato anche con i migliori al mondo

«Un amico oggi mi ha detto che Medvedev è un perdente perché ha perso 5 finali su 6. Ma lui intanto ci arriva in finale. Se arrivi secondo o terzo alle Olimpiadi, sei un eroe in Italia. Se perdi una finale di una coppa di calcio o di tennis, allora sei una pippa. Spiegatemi che differenza c’è, arrivi sempre secondo. Se vinci sei un fenomeno, in caso contrario un perdente».

«In Italia tendiamo a rendere tutto facile. La gente non pensa quando critica»

In Italia c’è la tendenza alla critica facile

«Noi italiani siamo fatti in una certa maniera e sono contento perché siamo un popolo generoso e meraviglioso, ma tendiamo a rendere tutto facile. Faccio un esempio: se tu vai in vacanza e trovi il numero 700 del mondo, lo vedi giocare e ti sembra uno che viene da Marte perché è più forte di te e non solo… Poi va a fare le qualificazioni a Roma e prende 6-1 6-1. E qualcuno dice ‘guarda che pippa questo’, ma non è così perché essere il 700 in un mondo in cui ci sono 4 miliardi e mezzo di uomini vuol dire che solo 699 sono migliori di te. Magari non sei in grado di partecipare allo Slam, ma ciò non toglie che giochi bene a tennis. La gente non pensa a questo quando critica».

«Sinner ha personalità, lo ha dimostrato rifiutando le Olimpiadi»

L’unicità di Sinner

«A me sembra che sia lui stesso ad essere unico, è questo il suo segreto. Sai per esempio qual è il problema di Djokovic? È che si paragona a Federer e Nadal ma non sarà mai come loro, perché lui è un po’ falso quando dice determinate cose. Mentre Federer e Nadal sono loro stessi nel bene e nel male, con pregi e difetti. Anche Sinner è così. Certo, hai voglia prima che diventi come loro. Speriamo possa riuscire ad essere anche solo la metà, perché sarebbe già un fenomeno. L’importante è essere se stessi e Sinner lo è, anche grazie alla famiglia. È stato educato bene, ha personalità e prende decisioni difficili. Credo che quando ha deciso di non partecipare alle Olimpiadi aveva tutte le ragioni per non andarci. Ti chiama il presidente del Coni e ti dice di andare alle Olimpiadi, tu hai 18 anni e gli rispondi di no: vuol dire che hai personalità».

Il primo incontro con Sinner

«Sinner non l’ho visto la prima volta: l’ho sentito. Non ricordo se ero all’Ambrosiano o al Tennis Milano, ma stavo vedendo una partita e sentivo dietro come se ci fossero i lavori per una costruzione. Delle botte pazzesche. Volevo vedere chi era, ed ecco che mi appare questo ragazzino coi capelli rossi di 13-14 anni. Tirava delle sveglie incredibili già allora, ma non aveva il fisico per supportare tutta la potenza che aveva. Per questo ha perso parecchie partite da Juniores».

Lui com’era?

«Gli parlai, lui fu gentilissimo e mi diede il numero del padre. Mi disse che si allenava con Riccardo Piatti, che conosco da anni, per cui lo chiamai. Mi chiese di aspettare perché era troppo presto, e aveva ragione. Lui era uguale a come è adesso, solamente con 6-7 anni di meno. Il sorriso era lo stesso, ma mi colpì un’altra cosa. Quando vai da un ragazzino di 14-15 anni, delle volte sono timidi. Lui ti fissava negli occhi e questa è una cosa importante».

 

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