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Sono gravi le parole di Lotito su Immobile, da legge della giungla

Il calcio si considera sempre più un Fight Club dove le leggi dello Stato non contano. Le sanzioni sono irrisorie, i media compiacenti

Sono gravi le parole di Lotito su Immobile, da legge della giungla
Roma 02/12/2023 - campionato di calcio serie A / Lazio-Cagliari / foto Image Sport nella foto: Ciro Immobile-Claudio Lotito

Sono gravi le parole di Lotito su Immobile, sono da legge della giungla. Per chi non le avesse lette o ascoltate, sono queste:

“A me succede tutti i giorni. Io vivo sotto scorta da venti anni. Ho cinquecentomila minacce di morte a me e alla mia famiglia tutti i giorni. Tutti i giorni. Sono il presidente di una società con ottomila dipendenti. Eppure non è che faccio tutto sto clamore, giusto? Punto, e basta: non dico altro”.

Se pure fosse vero, che vuol dire che lui riceve 500mila minacce di morte al giorno? Che per un calciatore deve essere considerata la normalità subire aggressioni dai tifosi inviperiti? Anche davanti moglie e figlio (non che essere aggrediti senza moglie e figlio sia meno grave). Le parole di Lotito danno per assodato un clima da far west. Clima che peraltro lui ha contribuito ad alimentare con quelle frasi su Sarri che si è sentito tradito. Lotito ha poi concluso alla Peppino De Filippo: «Punto e basta, non dico altro».

E invece prosegua. Se ha altro da dire, lo dica. Se deve muovere delle accuse circostanziate a Immobile, lo faccia. Ma c’è qualcosa che forse sfugge al senatore Lotito. Quand’anche Immobile abbia lavorato per dar vita a una fronda contro Sarri, la soluzione né la giusta punizione possono essere considerate la giustizia sommaria per strada. Ma di che parliamo? Ormai il calcio italiano si sta abituando all’imbarbarimento, lo sta dando per assodato: Juric che minaccia di tagliare la gola Italiano (con tanto di nauseante siparietto in tv); D’Aversa che prende a testata Henry del Verona; De Laurentiis che aggredisce un cameraman di Sky; e ora Lotito che minimizza le aggressioni subite per strada da Immobile.

E poi ci lamentiamo quando ci sono atti di violenza tra tifosi? Perché mai dovrebbero esimersi? Anche se poi in realtà, almeno in questo periodo, ci sembrano molto più violenti i tesserati che i tifosi. All’imbarbarimento aggiungiamo la vicenda del licenziamento della dipendente della Roma (lei e il fidanzato) vittime del furto di un video intimo dal telefonino. Loro due sono stati licenziati e l’autore del furto – un giocatore della Primavera – neanche sfiorato da un provvedimento.

È che in Italia continua a piacere molto l’idea del calcio come un luogo protetto dall’extraterritorialità. Dove vigono le leggi del Fight Club. Sarebbe il caso di cominciare a far capire che il calcio così come i suoi attori sono cittadini italiani come gli altri, sottoposti come agli altri alla legge. Si potrebbe cominciare evitando quelle sanzioni ridicole che ogni settimana dispensa il giudice sportivo Mastrandrea. “Hai spaccato la faccia a un avversario? Ma che vuoi che sia, 5mila euro di ammenda e due Ave Maria”. Di questo passo il calcio, ora dopo ora, sta diventando sempre più fuori controllo. Presto, molto presto, potremmo arrivare a qualche presidente che chiederà apertamente spedizioni punitive per i calciatori; o il contrario.

Anche i media dovrebbero cominciare a essere meno compiacenti. Questa sudditanza nei confronti di calciatori, allenatori, presidenti è intollerabile. È intollerabile questo stare in ginocchio di fronte a persone che non hanno alcun merito particolare se non quello di essere a vario titolo attori del mondo del pallone. Non viviamo in una dittatura, rimettiamo le cose al loro posto. Anche rapidamente.

Sappiamo bene che esistono ambiti molto più importanti del calcio e questioni molto più serie, però a noi sembra evidente che il calcio sia un settore non in grado di autoregolamentarsi. E la melma (per non dire altro) sta per tracimare.

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