Su Repubblica la scrittrice Patrizia Rinaldi racconta l’ossessione sentimentale per il Napoli. “mi hanno spiegato che la maglia supera pure la questione del successo o dell’insuccesso”

La scrittrice Patrizia Rinaldi sulle pagine dell’edizione napoletana di Repubblica racconta la sua particolare esperienza col tifo calcistico
“Conoscono la vera ossessione sentimentale per la maglia, odiano e amano come tarantolati. Perdono equilibri radicati che hanno dimostrato dignità in situazioni più complesse. Invece durante la partita la dignità può benissimo aspettare fuori: non è gradita, non serve. Il magma primordiale deve ansimare, distruggere, salvare. Altro che dignità composta e indifferente. Non sentono ragioni, non conoscono freno di patologie varie che peggiorano con la dannazione di cui sopra. Tremo. Guardano la partita e io li guardo, pregando “fa che segni, fa che vinca”. Divento più tifosa di loro, anche se non ci capisco niente”.
Poi scrive di alcuni tifosi di sua conoscenza che tributano onore e amore profondo ai calciatori del Napoli.
“Ho un parente stretto che perdonerebbe a Osimhen qualsiasi cosa, analizza le motivazioni non sue con una dedizione francescana. Ho un nipote toscano, per altro figlio di uno juventino, che a ogni partita mi chiama per parlare con qualcuno che abiti nella città dei suoi idoli. E così via. Io per amore tifo da incompetente senza vergogna”
Dopo la vittoria contro il Sassuolo ovviamente gli animi era più che esaltati e lei hai commesso un fatico errore ricordando il passato, gli errori, le sconfitte, i gol subiti
“Ho rischiato il linciaggio, perché, mi hanno spiegato che la maglia supera pure la questione del successo o dell’insuccesso: è fede vera e io non posso capire”.