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A Gravina tre telefonate di solidarietà dopo l’attacco di Lotito (Juve, Inter e Milan) – Il Giornale

Franco Ordine: «non è difficile indovinare le rispettive identità. Tre telefonate preoccupate del marchio di inaffidabilità attribuito al calcio italiano»

A Gravina tre telefonate di solidarietà dopo l’attacco di Lotito (Juve, Inter e Milan) – Il Giornale
New President of the Italian Football Federation (FIGC), Gabriele Gravina celebrates following the vote during the elective assembly of the FIGC on October 22, 2018 at the Hilton hotel of Rome's Fiumicino airport. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

A Gravina tre telefonate di solidarietà dopo l’attacco di Lotito. Lo scrive Franco Ordine sul Giornale e anche se non fa nomi, ci sembra chiaro il riferimento a Inter, Juventus e Milan.

Gravina presidente della federcalcio, alle prese con il piano di riforme del sistema e in aperto conflitto con la Lega di serie A guidata dal tandem Casini-Lotito con l’appoggio di De Laurentiis, presidente del Napoli. In questo primo caso la preoccupazione del mondo calcio è testimoniate da tre telefonate ricevute dal numero uno di via Allegri provenienti da altrettanti club di serie A e qui non è difficile indovinare le rispettive identità nel giorno successivo all’uscita di Claudio Lotito contro il sistema di venerdì notte all’Olimpico. Applicare il marchio di “inaffidabilità” al sistema calcio italiano, compromettendo il significato del merito, significa molto direttamente offrire la patente di inaffidabilità anche al campionato e ai suoi prestigiosi risultati acquisiti sul campo.

Naturalmente tre telefonate di sostegno e solidarietà a Gravina non scompongono l’attuale scenario della Lega serie A ma pongono forse l’esigenza di un chiarimento.

Gravina e quel fascicolo alla Procura di Roma

Quel fascicolo a Perugia su Gravina: riguarderebbe i diritti tv e caparre per libri d’antiquariato. Lo scrive il quotidiano La Verità. che si occupa della intricata vicenda di accessi abusivi alle banche dati. E scrive che nei dintorni

della vicenda che ruota attorno ai nomi del giudice antimafia, Antonio Laudati, e del luogotenente della Guardia di Finanza, Pasquale Striano, spunta una storia nella storia, fatta tutta di calcio e di veleni.

Ne riportiamo la parte conclusiva in cui il quotidiano spiega che i verbali raccolti sul filo calcistico sarebbero stati trasmessi dalla Procura di Perugia a quella di Roma.

Sebbene quel dossier sia nato, come scrivono i pm perugini, in modo non lecito, al suo interno deve esserci qualcosa di concreto, dal momento che da Perugia i verbali raccolti sul filone calcistico sono stati trasmessi alla Procura di Roma dove dal marzo scorso esiste un fascicolo (lo stesso spedito da Melillo in mano al pm Francesco Cascini).

Le caparre nella compravendita di libri d’antiquariato

Il contenuto del fascicolo romano nulla ha a che fare con le competenze dell’Antimafia, ma tratterebbe temi inerenti la compravendita di diritti e possibili provviste di extra finanziamenti tramite società londinesi. Una delle ipotesi sarebbe valutare la regolarità di un bando datato 2018 e avviato dalla Lega Pro presieduta da Gravina. In quell’occasione Isg, società specializzata nella gestione delle piattaforme digitali, avrebbe contattato Ginko, altra azienda connessa con la Assist group di Gianni Prandi, manager della comunicazioni il cui nome è finito più volte sui giornali per via di contratti con Ita e l’amicizia con il leader della Cgil Maurizio Landini. Dagli accessi agli atti considerati illeciti sarebbe dunque emerso più di un nodo che ora gli inquirenti vorrebbero sciogliere. Cercando di capire se tra i contratti sui diritti possa esserci un nesso con almeno un paio di compravendite di una serie di libri storici in possesso allo stesso Gravina.

Secondo l’ipotesi investigativa i testi di epoca medievale (ve ne sarebbero anche altri dell’Ottocento) sarebbero inizialmente
stati oggetto di compravendita con un antiquario, previo anticipo di caparra. A operazioni saltate la caparra sarebbe rimasta nelle mani del presidente Figc. In un caso 350.000 euro e nell’altro 250.000. È chiaro che se sorgessero evidenze si aprirebbe un enorme tema attorno alla gestione dei diritti e di chi li maneggia.

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