A “So foot”: «Il protocollo attuale è troppo lungo. Da quanto tempo viene utilizzato? È cambiato qualcosa? Finché le teste pensanti non faranno il loro lavoro, non andremo avanti»

Episodi di razzismo nel mondo del calcio sono, purtroppo, più frequenti di quanto ci si aspetti. E i giocatori che subiscono tutto ciò sono sempre di più. Koulibaly, Vinicious, Maignan. Ognuno di loro reagisce a questi episodi in maniera diversa.
Sissoko, ex calciatore di Juve e Psg, parla a “So foot” di com’è vivere questi momenti e di come dovrebbero reagire i calciatori.
«La prima cosa da fare è avvisare l’arbitro senza vergognarsi e spiegargli i fatti».
“Sissoko, ammette che questo passaggio non è affatto scontato per un giocatore. C’è la paura di essere visti come una vittima, la paura della reazione dei compagni o del pubblico, la paura anche che la situazione peggiori. Come previsto dal regolamento Uefa (applicato in tutte le federazioni europee) e più precisamente dalla Regola del Gioco n. 5, quando un giocatore denuncia atti discriminatori all’arbitro, quest’ultimo è obbligato ad allertare il delegato. Lo speaker dovrà poi fare un primo annuncio al microfono, nella lingua di entrambe le squadre, per chiedere al pubblico di porre immediatamente fine a questo comportamento razzista. Se le grida, gli insulti o i cori persistono, la partita dovrà essere interrotta. Lo scorso fine settimana, Mike Maignan ha scelto di prendere in mano la situazione e dare un segnale forte lasciando il campo, causando l’interruzione della partita”.
Sissoko invita a reagire uscendo dal campo, come ha fatto Maignan.
«Subire molestie e insulti quando giochi in trasferta è normale. Ma quando il colore della tua pelle e la tua integrità vengono attaccati direttamente, è un’altra cosa. Dal momento in cui sperimentiamo il razzismo o l’ingiustizia, dobbiamo prima prendere precauzioni e proteggerci. Bisogna lasciare il campo senza esitazione».
Sissoko ricorda di come veniva trattato il razzismo ai suoi tempi
Poi Sissoko ricorda com’era ai suoi tempi, quando non si parlava abbastanza dei gravi episodi di razzismo nei campi da calcio.
«Quando giocavo non c’era tutta questa prevenzione o questi spot pubblicitari, mentre adesso la gente è più consapevole sull’argomento. È più facile, penso, avere un impatto».
«Se solo rispettiamo il protocollo e finalmente, dopo diversi minuti di interruzione, il giocatore torna in campo, dimostriamo che questi idioti hanno ragione».
Se il giocatore, che è vittima dell’episodio, lascia il campo da solo, è inutile. Deve avere il sostegno dei suoi compagni.
«Quando un giocatore decide di lasciare il campo, ma è solo, è semplicemente inutile. Non ha nulla da rimproverarsi, ma alla fine gli altri sono complici della scelta di restare. Tutti i giocatori devono lasciare il campo senza esitazione. La partita deve essere interrotta. E lì vedrai che le cose cambieranno».
Oltre all’assenza totale di solidarietà, che può essere spiegata con “una mancanza di importanza attribuita all’argomento da parte di alcuni giocatori o allenatori”, sottolinea Sissoko, anche i regolamenti Uefa si impongono come limite. Se ci atteniamo alle regole, l’arbitro dovrà interrompere definitivamente l’incontro solo se gli atti continuano (e soprattutto vengono osservati) dopo un terzo annuncio da parte dello speaker. Una grave mancanza, che Sissoko condanna: «Bisogna fermare e punire fin dal primo momento. (Il protocollo ndr) è troppo lungo. Da quanti anni utilizziamo questo tipo di protocollo? Le cose stanno cambiando? No».
Denunciare per dare voce a chi non ce l’ha
Denunce come quelle di Maignan, servono a dare voce anche a coloro che hanno vissuto la stessa esperienza, che non ha avuto però la stessa risonanza mediatica.
«Molti giocatori sperimentano il razzismo e alcuni casi non fanno tanto rumore», ricorda Sissoko.
So Foot racconta che “lo scorso dicembre, Antoine Makoumbou è stato oggetto di cori razzisti da parte di alcuni tifosi dell’Hellas, ma la vicenda, ad esempio, è finita rapidamente nel dimenticatoio. Se i comunicati stampa permetteranno di denunciare, a modo loro, questi atti odiosi e patetici, la storia si ripeterà se non verranno prese misure importanti da parte delle federazioni”.
«Le grandi istituzioni non fanno il loro lavoro. Perché nel 2024 si parla ancora di questo? Dobbiamo fermare e punire fin dal primo atto. Queste frasi ad effetto sono assolutamente inutili. Finché le teste pensanti non faranno il loro lavoro, non andremo avanti».