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L’Italia è un Paese di razzisti super-suscettibili: se gli ricordate che sono razzisti, si offendono

Una gigantesca “sparuta minoranza di cretini”. A Udine una figuraccia dietro l’altra per Maignan. I “pochi cretini” per Lotito sono “goliardi ubriachi”

L’Italia è un Paese di razzisti super-suscettibili: se gli ricordate che sono razzisti, si offendono
Db Milano 26/02/2023 - campionato di calcio serie A / Milan-Atalanta / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Maike Maignan

L’Italia dei razzisti che ci tiene a guardarsi allo specchio senza appannamento – la vergogna è umida – è una Repubblica fondata sulle sparute minoranze “di cretini”. Sono sempre “pochi” gli “individui” da cui prendiamo strumentalmente le distanze a cose fatte. A smentire una ignoranza collettiva, quasi un reddito morale di cittadinanza che siamo costretti a pagare noi, tapini contribuenti, a loro, i suddetti cretini.

I razzisti sono sempre gli altri. Il vicino in curva, il dirimpettaio di pianerottolo, il simpatico salumiere protofascista, il cameriere trumpiano a sua insaputa, il o più ministri in carica. Ma noi mai. Adottiamo la metrica dei compartimenti stagni per trarci in salvo. Solo che vale per tutti: le persone perbene e i razzisti stessi. Che non glielo si rinfacci. Si offendono. Nel frattempo accumuliamo figure di merda da collezione col pratico raccoglitore in omaggio.

Oggi il Friuli Venezia Giulia ha acquistato (senza firma) due pagine intere sulla Gazzetta dello Sport e sul Corriere della Sera per ribadire che “il razzismo non ci appartiene”. Il titolone è SENZA MOTIVO, proprio così, tutto in carattere maiuscolo.

Maignan razzismo udinese

Il messaggio è che il Friuli è un “territorio di confine, sempre aperto a culture diverse e persone di ogni nazionalità, il Friuli Venezia Giulia accoglie e valorizza, sostiene e crea sviluppo. La nostra gente non accetta di essere definita razzista per l’inqualificabile gesto di pochi individui, già identificati e puniti, che non ci rappresentano. Il nostro tifo vive da sempre lo sport come una sana passione, oltre ogni differenza. IL RAZZISMO NON CI APPARTIENE”

Il “SENZA MOTIVO” del titolo supponiamo si riferisca all’accusa di generalizzato razzismo che ricade inopinatamente su tutti i friulani.

L’alibi geografico rappresenta l’ultimo stadio, quello della disperazione, del benaltrismo disfunzionale: vedete, siamo al confine, come potremmo noi urlare per mezzore intere ad un giocatore di colore che è un “negro di merda”? Si dà conto, a supporto, dell’individuazione dei suddetti “pochi individui”, già rintracciati e puniti.

Eppure, oh, succede. Evidentemente erano solo cinque i razzisti che tenevano in scacco uno stadio intero. Tenori con enormi subwoofer al posto dei polmoni. Ce ne sono, a migliaia, in tutti gli stadi italiani. Ma quelli non li contiamo fintantoché un portiere straniero con la spina dorsale al suo posto non decide che non ne può più.

Nella fattispecie i fatti vanno rimessi in ordine. Perché dopo la scoperta dell’acqua calda – che siamo un Paese di razzisti che in curva si sentono liberi di esprimersi al meglio – è seguita sì la chiusura dell’impianto per una giornata, ma anche il ricorso dell’Udinese. E l’epic fail (le succitate figure di merda ora si chiamano così) del povero sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, che voleva ricompensare Maignan regalandogli la cittadinanza onoraria, per poi vedersi bocciata la proposta in Consiglio comunale. Non c’è che dire: a Udine non fa difetto la coerenza. Aspettiamo a questo punto che ai “pochi” razzisti “individuati” sia ritirata la cittadinanza…

Nel frattempo, a qualche centinaia di chilometri di distanza, “una sparuta minoranza” di tifosi razzisti della Lazio, dissacrava fischiando la commemorazione della Shoah nella Giornata della Memoria, prima della partita con il Napoli. Regalando momenti di rara gioia per il razzista ultrà: napoletani ed ebrei da offendere in un colpo solo, quanta manna dal cielo. Una vicenda commentata così dallo scrittore Alessandro Piperno sul Corriere della Sera:

Non so se è peggio la dabbenaggine ipocrita delle autorità calcistiche che hanno pensato bene di commemorare la memoria della Shoah in quei luoghi franchi, quelle arene che sono gli stadi italiani; o la feccia che durante la partita Lazio-Napoli, assecondando la propria natura empia, razzista e antisemita, ha colto la palla al balzo per dissacrare con fischi e sberleffi un evento tragico che meriterebbe silenzio e raccoglimento. Ciò che so è che dopo trent’anni di stadio non ci metterò mai più piede. Al tifoso a un paio di posti dal mio che gridava: «E basta, ‘sti ebrei hanno rotto il cazzo», vorrei dire che almeno di uno non dovrà più preoccuparsi.

Va da sé che interrogato sulla questione il senatore nonché presidente della Lazio Lotito abbia risposto così:

«Non possiamo assumerci la responsabilità dei comportamenti di qualche sparuta minoranza, il 99,9% dei laziali sono persone perbene, la Lazio è anche ente morale. I fischi? Molte persone fanno dei gesti senza conoscerne significato, per goliardia, perché sono ragazzi oppure ubriachi o sotto effetto di altre sostanze»

Andrebbe dunque riaggiornata la grammatica stessa del giustificazionismo: sono cretini, giovani, goliardi e pure ‘mbriachi, drogati. Ma soprattutto sono pochi. Una enorme, gigantesca, sparuta minoranza.

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