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L’effetto Caffarelli su Kvara e Osimhen, al Galà del Calcio lo scudetto sembra un film in bianco e nero

È parsa la celebrazione di un evento lontano nel tempo, irripetibile. Eppure è stato ieri. “Papà, ma era così forte Osimhen?”

L’effetto Caffarelli su Kvara e Osimhen, al Galà del Calcio lo scudetto sembra un film in bianco e nero
Db Milano 04/12/2023 - Gran Gala' del Calcio Aic 2023 / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Rafael Leao-Khvicha Kvaratskhelia-Victor Osimhen

Si è veramente vecchi quando tra coetanei ci si ricorda del Napoli di Spalletti. Alcuni di noi sfoderano la tessera del tifoso 2022/23 mangiata da troppi lustri nel portafogli, come rosicchiata dai topi. Altri ricordano ai figli di quando s’andava al Maradona per il terzo scudetto, scalzando i poveri nonni con le loro domeniche appollaiate sui terrazzi di sconosciuti, per sbirciare le partite allo Stadio della Liberazione, insomma il Collana. Preistoria. “Papà papà, mi racconti ancora del gol di Kvaratskhelia all’Atalanta? È vero che tu e la mamma vi innamoraste quella sera?”. Vorremmo tanto opporci, ribadire che “guaglio’, è stato manco sei mesi fa eh. 2023 per 2023… di che cavolo stai parlando?”.  Ma non possiamo, perché stiamo guardando il Galà del calcio. E se non è un promo ben congegnato di “Non ci resta che il crimine – la serie”, allora ci arrendiamo: il continuum spazio-temporale s’è scassato, e per qualche ragione insondabile lo scudetto del 2023 è sì, stato vinto dal Napoli l’anno scorso, ma è già trapassato remoto.

Manca solo il filtro seppia, o un bianco-e-nero neorealista, alla celebrazione del Grande Napoli di Spalletti cui assistiamo. In un festival di abbracci e baci da lasciar contuso l’animo umano per le successive tre generazioni. Viene premiato Spalletti, che adesso è volato nell’alto dei cieli di Coverciano; viene premiato Giuntoli, ora alla Juve; vengono premiati Osimhen, Di Lorenzo, il club come società dell’anno, 5 su sei della top 11 stagionale sono del Napoli, e poi ovviamente De Laurentiis. E’ uno show monomarca. E’ tipo Miss Italia con la stessa ragazza che raccoglie tutti i premi, pure quelli minori, pure miss diva e donna. Ma è tutto coniugato enfaticamente al passato. Come a dire: tutto bello, bellissimo; ma è finita da un pezzo. Siamo già alla fase della nostalgia patologia. Eppure era un attimo fa.

È una sfilata di sopravvissuti, coccolati da tutti, eroi ascesi alla gloria nazionale. Quello è Di Lorenzo ma potrebbe essere Bruscolotti. Kvara come Caffarelli. Tanto è il distacco tattile, ormai, per una vicenda narrata come una parentesi irreplicabile. Gli anni d’oro – uno solo – del Grande Napoli al posto del Real, d’un Max Pezzali riesumato giovane dall’intelligenza artificiale per le pubblicità di Sky. Mentre quello scudetto è cucito sulle maglie ufficiali di una squadra allenata da Mazzarri. Siamo tornati ai silenzi stampa contro l’arbitro, in primavera l’allenatore arringava contro i piagnistei. Capirete il disagio, la confusione. “Papà, ma come li portavate i capelli a quei tempi?”.

Quella festa attesa per 33 anni, e consumata poi in settimane di estenuanti baccanali, la storia l’ha già archiviata. Nell’ansia divorante del successo generazionale l’abbiamo esaurita come un fiammifero. Una vampa chimica, e poi questo nulla. Un messaggio su Whatspp di quelli a tempo. Se cercate quella gioia, non la trovate più, i server l’hanno cancellata. Però facciamo i Galà, per ricordarci quel sapore, quei profumi, il brivido. “Mamma aveva i capelli lunghi, papà? E tu davvero avevi una Ritmo?”.

Non c’è stato nemmeno il tempo di incazzarci per bene, per il ritorno alla mediocrità che pur viviamo. Perché nel frattempo lo scudetto, e quel Napoli che a maggio portavamo in trionfo li hanno già ruminati: è quel feticcio che fa incetta di premi, mentre assistiamo inebetiti e contenti. Ce lo godiamo con una distanza impossibile da misurare, straniante. Guarda Spalletti come è sereno, da ct della Nazionale. E Giuntoli: che dirigente finalmente risolto, a Torino. Le telecamere li inquadrano mentre riannodano fili, c’è un sentimento evidente. Si vogliono bene. Anche noi gli vogliamo bene, ma come ne vogliamo a Careca, a Renica. Il tempo s’è fatto piatto.

Ora però resta l’imbarazzo: che facciamo nei prossimi 30 anni se i campioni di mezzo anno fa li amiamo già come vecchie glorie? Come lo passiamo questo futuro interminabile che ci siamo già mangiati? “Papà, raccontami di nuovo il gol di Osimhen alla Roma…”.

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