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Pupi Avati: «Ho amato follemente Berlusconi. In Italia se non sei di sinistra, culturalmente non esisti»

A Libero: «Per essere emarginato dalle terrazze di Betti, Moravia, Pasolini, Bertolucci, bastò dire che mia madre era assessore della Dc»

Pupi Avati: «Ho amato follemente Berlusconi. In Italia se non sei di sinistra, culturalmente non esisti»
archivio Image / Spettacolo / Pupi Avati / foto Insidefoto/Image

Pupi Avati intervistato da Libero. Intervista che incredibilmente Libero confina nelle pagine degli spettacoli, quasi nascosta. Errore grave per un giornale come Libero.

Pupi Avati, lei è uno dei pochi registi che è riuscito a fare una strepitosa carriera pur non essendosi mai dichiarato di sinistra. Ci parli di lei, di cosa pensa della politica di oggi e come ha conciliato il suo lavoro con il suo essere non schierato.

«Voglio partire dicendo che l’Italia è un paese antidemocratico perché non ti permette di non appartenere. Io faccio parte di quel 45% delle persone astenute della politica, quelli che si trovano in imbarazzo, che vivono quelle grandi titubanze, che non riconoscono un’appartenenza politica. Quelli che vogliono preservarsi la possibilità di avere una propria idea che non trova espresso in questo antagonismo così netto. Le persone hanno la necessità di prodursi dei nemici, qualcuno contro cui battersi sennò la loro esistenza privata del nemico non ci sarebbe. Private del contraddittorio ci sono un’infinità di persone che non esistono».

Nel suo lavoro quanto ha pagato il non appartenere all’egemonia culturale di sinistra?

«Ho pagato cara la mancanza di identità netta, di un convincimento politico nei riguardi del mondo culturale di sinistra. C’è stato un momento nella storia di questo Paese, nel dopoguerra, in cui la sinistra si è attribuita la cultura lasciando alla Democrazia Cristiana altre priorità che avevano a che fare con il mondo degli affari. Da allora non è più cambiato. Io non mi riconosco in nessuno. Io sono io e rivendico la possibilità di avere delle idee che in certi momenti sono contrastanti o viceversa coincidenti. Di essere totalmente libero, di non essere prevedibile e questa cosa l’ho pagata caramente. Non essendo una persona riconducibile a quel mondo non ho fatto film funzionali a quel tipo di ideologia e proposta culturale. Culturalmente io non esisto».

Si era molto più rassicurati se appartenenti ad un contesto ideologico di sinistra?

«Sì, ma io non mi sono mai piegato e ho rovinato i miei figli perché li ho educati così (sorride). Mia moglie dice che li ho rovinati perché ho insegnato loro l’indipendenza intellettuale che è uno dei grandi privilegi dell’essere umano. Il permettersi sempre la possibilità di dire “non è esattamente così”».

Ha frequentato quel mondo culturale di sinistra a cui ha deciso di non appartenere?

«Quando da Bologna sono arrivato a Roma ho frequentato la terrazza romana dell’attrice e regista Laura Betti, quella di Moravia, di Siciliano di Bertolucci, Pasolini di cui ho scritto l’ultimo film. Non è che non li abbia conosciuti o incontrati, solo che ad un certo punto era talmente a rischio la mia identità, a rischio di essere plagiato, sedotto e influenzato che il giorno dopo ripetevo quello che avevo sentito dire».

Quindi cosa fece?

«Una sera ho capito che avevo bisogno di essere emarginato da quel contesto. Due secondo me sono gli elementi che preservano l’identità di una persona. Il primo l’emarginazione. E per essere emarginato è stato sufficiente che dicessi che mia madre era assessore della Dc di San Lazzaro per far sì che su quella terrazza non fossi più invitato. La seconda è l’onorabilità alla quale pervieni attraverso l’età».

«Chi mi ha affascinato follemente è stato Silvio Berlusconi. La sua sfrontatezza, un qualcosa di unico. Quando lo vidi nel 94, quando mi apparve per la prima volta, diceva delle cose al di fuori del comune che pensai: “Finalmente qualcuno di diverso”. Poi nel corso della sua vita ci sono stati una serie di eventi che lo hanno zavorrato e ne hanno opacizzato l’immagine. Hanno cominciato a fargli i conti in tasca, è stato odiato tantissimo ma la contempo reso molto popolare. Io e tutta la mia famiglia ne siamo rimasti fortemente affascinati. Credo che Berlusconi non abbia avuto rivali. E sa perché? Perché percepiva l’essere umano. Lui mi ha incontrato due volte ed era come se parlasse con la persona che cercava da sempre, anche se mi aveva incontrato per caso e magari non sapeva nemmeno chi fossi. Aveva questa abilità da grande seduttore che non hanno questi politici. Lei può solo immaginare le liti che facevo io alle cene, e parliamo della metà degli anni 90, nella “Roma bene” difendendo Berlusconi contro tutti. Perché ne sono stato veramente invaghito, innamorato. Mi è parso un qualche cosa di così inedito, nuovo, moderno che posso tranquillamente dire che abbia rappresentato un’eccezione. Nessuno mai come lui».

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