Se Napoli prendesse esempio dalla Sanità (uno dei quartieri più cool del mondo)
Il quartiere è ben diverso da quello senza speranze di “Nostalgia”. Una domenica mattina per scoprire che la realtà è di gran lunga migliore della fiction

Malasanità, ma la Sanità….
No, non ci sperate. Oggi non leggerete di medicina, di cliniche o di avvocati e morti sospette. No, sarebbe troppo facile.
Il titolo? È solo un gioco di parole.
Oggi parliamo di arte. Di cinema e di Nostalgia.
Di Napoli si scrive e si parla da sempre, ne hanno disegnato le strade Goethe e Dickens con i loro Viaggi in Italia, ne hanno raccontato la crudezza le pagine di Saviano e decine di registi contemporanei.
Odi et amo, quare id faciam nescio, cantava Catullo. Napoli non è una donna, ma per molti aspetti forse ispira gli stessi sentimenti. D’altra parte nella sua anima c’è una sirena.
Sentimenti contrastanti, un amore profondo misto a rabbia e dolore che ho ritrovato recentemente nell’ultimo film visto al cineforum: Nostalgia, del regista Martone.
Due ore di proiezione che mi hanno investito e quasi tramortito, come l’onda di un fiume in piena, impietosa e travolgente.
Uno spaccato appassionato, bellissimo e dolorosissimo del cuore di Napoli. Una fotografia di un popolo che non ha speranza e redenzione, un quartiere che, asfissiato dai suoi stessi miasmi, uccide anche la nostalgia per una gioventù negata.
Non sono qui per recensire il film, che ripeto, è molto bello, ma descrive il quartiere Sanità con tinte fosche e crudeli, senza aprire alcuno spiraglio di una possibile salvezza. Sono uscito dal cinema, amareggiato e rassegnato del fatto che il tempo passa, cambia tutto per non cambiare niente.
Eppure il cinema racconta storie, che non sono vere, a volte sono verosimili, somigliano alla realtà, la imitano, oppure la distorcono, la esagerano, o la sovvertono.
Tanto è cinema, è finzione.
Per questo motivo ieri mattina ho preso il coraggio a due mani ed ho deciso di portare la famiglia ad esplorare il quartiere sanità. Volevo vedere con i miei occhi quello che Martone aveva descritto.
Sono sceso a piedi da via Salvator Rosa, ed ho preso l’ascensore che dal ponte di Capodimonte porta direttamente al rione Sanità. Avevo un punta di timore, di dubbio, era la prima volta che entravo in quel quartiere, perché da giovane non avevo amici di quella zona, e quindi non faceva parte dei miei soliti giri.
Ebbene, sono arrivato direttamente nella piazza dove si svolgevano le prime scene del film, ed ho immediatamente vissuto un corto circuito, avevo in mente delle immagini e ne vedevo delle altre, ricordavo delle atmosfere torve e disperate e mi trovavo di fronte un cuore palpitante di gente indaffarata insieme a centinaia di occhi curiosi che osservavano estasiati un mondo a loro sconosciuto. Turisti. Decine, centinaia di turisti da tutto il mondo con gli occhi rivolti verso l’alto ad ammirare la Basilica Santa Maria della Sanità, i vicoli, i palazzi del settecento, oppure seduti ad uno dei tanti bar o trattorie per godersi un bicchiere di vino o una pizza.
Qualcosa non andava.
Ma la Sanità allora è un’altra cosa?
Sono entrato nella Basilica, e ho incontrato i ragazzi dell’associazione La Paranza, un gruppo di giovani del rione che hanno puntato anni fa sulla cultura e sull’amore per il patrimonio artistico del quartiere, con lo scopo di rilanciare l’immagine della Sanità. Ho visto un popolo operoso, orgoglioso delle proprie origini, che aveva negli occhi la gioia di condividere col mondo il bello della propria città, i segreti delle catacombe, i prodigi dell’effigie di Maria che curava i mali fisici e spirituali dei fedeli e che appunto, ha dato il nome a tutto il quartiere; le curiosità dei nobili seppelliti e raffigurati come scheletri nelle loro pose più significative prima di salutare il nostro mondo. Questi ragazzi sono l’emblema di una società che, nonostante tutte le premesse, riesce a cambiare, a riscattarsi, questi ragazzi, aiutati senza dubbio, da sacerdoti e laici di buona volontà, sono il motore di un vento di rinnovamento che rappresenta una valida alternativa al malaffare. Sono riusciti a rendere il Rione Sanità uno dei quartieri più cool del mondo, come ha scritto la rivista Time Out. Non è cambiato il volto popolare, vero e sanguigno, ma si è screziato di colori nuovi, di bed and breakfast, di ristoranti, di guide turistiche che mostrano le meraviglie del Palazzo dello Spagnolo o di Palazzo Sanfelice. Ho visto tutto questo, ho visto la gente del posto insieme ai turisti seduti ai bar, ed altri fare la spesa, ho mangiato la pizza fritta in strada con i miei figli e mia moglie, ho comprato spezie e un po’ di spasso ad una delle tante bancarelle del mercato. Ho goduto della vita vera di un popolo troppo spesso vittima di pregiudizi e delle propri peccati originali. E poi, dopo un buon caffè, sono tornato a casa.
Rinfrancato.
Pensando, e se la Sanità potesse guarire tutta la città?