Al CorSera: «Sono arrivato tre volte secondo, ma non mi sento sconfitto. Marquez ha vinto perché è stato più forte. Nascondersi dietro alla sfortuna è un grosso errore».

Il Corriere della Sera intervista Andrea Dovizioso. Domenica, a Misano, sarà la sua ultima gara in MotoGp, come già annunciato un mese fa.
«Non vivo sui social e mi considero una persona vera, a differenza di certi piloti, personaggi solo di facciata. Ma io sono un personaggio. Lo sono diventato lottando con Marquez».
Più talento o più lavoro nella sua carriera?
«La gente crede che in me ci sia più dedizione, ma non è del tutto vero. Se non avessi lavorato sodo non sarei rimasto al vertice per 20 anni. Ma di base ci vuole il talento, e in grandi dosi».
Quanto conta la fortuna?
«Chi dice che un pilota cade perché è sfortunato non capisce un cavolo. Se non vinci per tanti anni non è colpa della cattiva sorte, i risultati si costruiscono mettendo i tasselli al loro posto».
Quindi non si sente in credito con la sorte?
«Si riferisce al fatto di aver incontrato i migliori campioni nello stesso momento? È una visione un po’ riduttiva. Marquez ha vinto perché è stato più forte. Punto. Nascondersi dietro alla sfortuna è un grosso errore».
I suoi detrattori dicono che lei usa troppo la testa.
«Usare la testa non significa sacrificare la competitività. A volte ti butti e altre no».
Nel libro scritto con Alessandro Pasini ha dichiarato che «Simoncelli è sempre stato presente nella mia testa».
«Siamo sempre stati rivali, da quando avevamo 8 anni. Un tipo fortissimo e aggressivo, ti metteva a frusta. Quando è scomparso ho percepito un vuoto per parecchio tempo e non me l’aspettavo. Lo rispettavo moltissimo».
Ha trovato sulla tua strada Marquez al top. Altrimenti avrebbe vinto il titolo.
«Tre volte secondo, ma non mi sento sconfitto. La mia evoluzione in quei tre anni è stata importante e arrivare dietro di lui non era scontato. Non ho vinto, ma sono consapevole di aver perso contro un campione».