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Bruno Conti: «Mourinho ha portato a Roma cultura del lavoro. Quando va via da Trigoria si ferma coi bambini»

Intervista al Corsport. «Spalletti? È una grande persona, abbiamo un buon rapporto. Nel mondo del calcio è importante dirsi le cose in faccia»

Bruno Conti: «Mourinho ha portato a Roma cultura del lavoro. Quando va via da Trigoria si ferma coi bambini»

Il Corriere dello Sport intervista Bruno Conti nei giorni in cui si festeggiano i quarant’anni dal Mundial. Ne riportiamo un estratto.

«Quando eravamo ad Alassio per la preparazione era successo che Baerzot mi mise in camera con Giovanni Galli. Lui alle dieci e mezza si addormentava. Una sera mi alzai per andare al bagno, mi accesi una sigaretta al buio e diedi una “stincata” al comodino. Io giorno dopo sono andato da Bearzot e gli ho detto che così non riuscivo a dormire. Allora io e Tardelli in ritiro avevamo camere singole. Non dormivamo mai e andavamo a rompere le scatole agli altri».

Racconta diversi aneddoti. Uno sul silenzio stampa, forse il primo che se ne ricorda nella storia nel calcio.

«Quella è stata una reazione a una situazione difficile che si era creata. Bearzot portò Rossi e lasciò a casa Pruzzo, che era capocannoniere. Voi sapete quanto sono amico di Roberto, ma dovevamo proteggere il mister dalla gogna mediatica».

Alla Roma fa il dirigente, nel 2005 fece anche l’allenatore anche se non tutti se lo ricordano.

«Bisognava metterci la faccia, per cercare di dare una sferzata alla squadra che dopo tre allenatori dimessi rischiava di retrocedere. Ricordo dopo una sconfitta a Parma, lo stress negli spogliatoi. Io non ho mai perso i capelli in vita mia, in quel periodo li persi. Sono pieno di tic da quando sono ragazzino, si moltiplicarono. Le sigarette non le contavo più. La vittoria di Bergamo fu una liberazione. Ci misi tutto me stesso, in un momento particolare. Il presidente Franco Sensi cominciava a star male, Rosella mi chiese di dare una mano. Puntai sul rapporto con i calciatori. Facevo parte del gruppo. Lo feci per il bene della Roma. Poi abbiamo preso Spalletti, che ci diede una bambola ma in coppa Italia passammo noi. Lo scegliemmo io e Pradè. Luciano è una grande persona, nel suo primo ciclo ci siamo divertiti. Sfiorammo lo scudetto, abbiamo vinto qualche coppa. Se ho mantenuto buoni rapporti con Spalletti? Sì, nel mondo del calcio è importante dirsi le cose in faccia, sempre con professionalità e rispetto».

Il futuro della Roma è legato a doppio filo a Mourinho.

«Lo vedi a Trigoria dalla mattina alla sera, segue gli allenamenti anche degli Under 16. È una persona importante per questi ragazzi, per loro è toccare il cielo con un dito quando segue le loro partite. È una allenatore che ha portato la cultura del lavoro. Mourinho è un grande, ho bel rapporto con lui, di stima e rispetto. Anche quando va via da Trigoria si ferma sempre con i bambini al cancello».

Tirana.

«Vincere la coppa è stato importante, il giusto premio a questa proprietà che sta facendo un grandissimo lavoro. È stato fantastico vedere tanta gente che ha gioito per questa vittoria. La società ha invitato ex calciatori, magazzinieri, gli addetti ai cancelli. Un gesto esemplare, vedere da vicino la felicità di tante persone che da anni lavorano nell’ombra per la Roma è stato commovente. Non potrò mai dimenticare quella serata. La commozione di Aldair, Rizzitelli, Antonello Venditti. E poi la felicità di un ragazzino, che ci segue dai tempi di Spalletti. Lo chiamiamo il “principino”, è costretto sulla sedia a rotelle. I giocatori gli hanno portato la coppa sotto la sua tribuna. Un gesto da brividi».

Per portare qualche giovane nel settore giovanile si è inventato posti di lavoro per i genitori.

«È successo con Okaka, con il padre e la madre che ci davano una mano al pensionato. Ma prima avevamo un problema al convitto e non potevamo tenere i ragazzi da fuori regione. Quando presi D’Agostino e Lanzaro me li sono portati a casa mia, mia moglie gli faceva da mangiare e gli lavava i panni. Mio suocero li accompagnava agli allenamenti».

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