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Spie e infiltrati al Tour de France contro il doping. «Che i ciclisti abbiano paura»

Il direttore generale dell’UCI a El Paìs: “Pagheremo informatori. Il doping si combatte l’intelligence, ormai”

Spie e infiltrati al Tour de France contro il doping. «Che i ciclisti abbiano paura»
Imago archivio Image Sport / Lance Armstrong / foto ImagoImage Sport nella foto: Lance Armstrong ONLY ITALY

Il Tour de France prende il via venerdì a Copenaghen, e “come le rondini che annunciano la primavera” ecco che il doping e le tattiche della polizia per contrastarlo, tornano sulle prime pagine dei giornali. E’ una tradizione ormai, fa parte del rito. E El Paìs dedica una pagina alla strategia delle forze dell’ordine: arrivano le spie, gli infiltrati nelle squadre.

Le perquisizioni negli hotel sono un grande classico. Si parte dal principio della presunta colpevolezza. “Che non ci siano positivi non significa che non ci sia doping”, ha detto alla vigilia del Tour Amine Lanaya, direttore generale dell’UCI in un seminario dal titolo illuminante: “Oltre i controlli, un programma di intelligence indipendente per affrontare il doping nel ciclismo”.

Tutti, convinti che i controlli a tappeto servano solo a catturare i più incauti o disperati, concordano sul fatto che la strategia deve cambiare. Meno controlli, più intelligence, più informazioni. “Dobbiamo infrangere l’omertà del gruppo ricorrendo all’intelligence“, afferma l’ufficiale di polizia Nicholas Raudenski, direttore dell’intelligence dell’International Testing Agency (ITA), l’ufficio antidoping del Comitato Olimpico Internazionale (CIO). “Serve un’intelligence proattiva. Agenti attivi, spie all’interno delle squadre”. Ricorda – scrive El Paìs – gli usi della polizia spagnola, che collocava alcuni agenti come falsi camerieri al Parador del Teide all’epoca in cui il dottor Michele Ferrari aveva una stanza riservata tutto l’anno e nelle sue strutture sciamavano ciclisti da mezzo mondo.

E Amine Lanaya aggiunge: “Dobbiamo infiltrarci nelle squadre. Pagare informatori per sapere cosa succede all’interno. Abbiamo bisogno di queste informazioni. Ditelo ai corridori, che abbiano paura“.

Il ciclismo, lo sport più colpito dal doping, lavora sodo per recuperare una credibilità forse irraggiungibile, e mette sul tavolo il divieto di tutti i tipi di iniezioni, quella dell’analgesico oppiaceo Tramadol, quella dei corticosteroidi, prodotti e metodi vietati solo nel ciclismo: “Riguadagnare credibilità non ha un prezzo, ma ha un costo molto alto”. dice David Lappartient, presidente del ciclismo mondiale.

Già dallo scorso Tour si era passati alla tattica dei controlli a sorpresa: i cosiddetti accompagnatori al termine della tappa si avvicinano ai corridori prescelti e li portano direttamente al centro di controllo. Questo a volte ha generato, dice un responsabile del controllo nel Tour, che gli accompagnatori a volte non trovavano i ciclisti scelti e che non si presentavano. “A volte dovevamo salire van della squadra dove i corridori aspettavano per tornare in hotel, fare uno spuntino e una doccia, e lì prelevare un campione di urina… Questa pratica senza preavviso si espanderà. A qualsiasi ora, al mattino, prima delle tappe, più tardi, la notte, l’agente potrà salire sui bus della squadra per effettuare i controlli. Nessun corridore può essere sicuro di non passare il controllo… E saranno sempre controlli rivolti a quei ciclisti che sospettiamo di più grazie alle informazioni fornite dal nostro servizio di intelligence”.

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