Marchisio: «In Italia l’obiettivo è sempre il risultato, o a scuola il voto. Non si fa più attenzione al percorso»
A Sette: «Il calcio femminile, come quello dei ragazzini è sano, ci sono rispetto e lealtà, senza problemi di razzismo o violenza nel tifo»

Db Torino 11/03/2018 - campionato di calcio serie A / Juventus-Udinese / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Claudio Marchisio
Sette, settimanale del Corriere della Sera, ospita un’intervista a Claudio Marchisio, ex calciatore Juve oggi commentatore sportivo. Parla di calcio femminile e di calcio giovanile.
«Il calcio femminile, come quello dei ragazzini delle squadre giovanili, dà fiducia in sé stessi. Il movimento è sano, si gioca a calcio per “giocare a pallone”, c’è in linea generale un rispetto maggiore».
Continua:
«Nelle categorie inferiori c’è senza dubbio un equilibrio più sano rispetto a quelle superiori, senza problemi di razzismo o di questo genere presenti in alcune frange del tifo. Quella non è passione, ma violenza. La passione non c’entra nulla. Nel calcio giovanile e in quello femminile certe cose non succedono perché ci sono meno riflettori puntati addosso, meno attenzioni e più lealtà. Ci sono molti aspetti da migliorare nella parte maschile».
L’ossessione per i ritmi alti ha preso il sopravvento sulla tecnica. Difficile oggi, anche tra i ragazzi, vedere saltare un avversario.
«Non sono d’accordo. Oggi i ragazzi per migliorarsi tecnicamente hanno molte più possibilità. Io dovevo studiarmi un’unica immagine che passava su un vhs per studiare un movimento, loro hanno molte più gesta di campioni filmate da più angoli. Migliorare la propria tecnica è oggi più facile».
E allora perché nessuno salta più l’avversario?
«Non è vero questo. Più essere vero in Italia ma perché è una questione di mentalità».
Spiega:
«Difendere non è più il concetto giusto. Ma in Italia ci si preoccupa prima di tutto di come fermare gli avversari. All’estero questo non succede. Una squadra ha una propria idea di gioco e la persegue anche se è in vantaggio. Per questo non si cambia atteggiamento e i ritmi restano sempre alti».
Vince chi prende meno gol.
«In Italia. In Champions vince chi segna di più, come nelle semifinali. Il calcio ormai si è evoluto. Non basta più lo 0-0».
E come lo si spiega questo a livello giovanile?
«Se non ti alleni e non ti abitui a un determinato ritmo è difficile mantenerlo. Qui si cerca il risultato subito, anche tra ragazzini. L’obiettivo è sempre il risultato, o a scuola, il voto. Non si fa più attenzione al percorso, per il quale serve del tempo».