Il presidente Aic alla Gazzetta: «Sono le società che firmano. I grandi campioni generano risorse per i club anche fuori dal campo»
La Gazzetta dello Sport intervista Umberto Calcagno, presidente dell’Assocalciatori. Il tema è quello dei maxi stipendi dei calciatori.
«Lo dice il Report-Calcio, il monte stipendi, parliamo di stipendi, è di poco superiore al 50 per cento».
Spiega:
«Una cosa sono gli stipendi, un’altra gli ammortamenti, bisogna chiarirlo».
Sul discorso salary cap:
«Non ci si può accusare di scarsa sensibilità nei confronti del problema della sostenibilità. Le forme di salary cap sono diverse. Siamo totalmente a favore delle regole che aiuteranno la sostenibilità. Noi sosteniamo sia il sistema di monitoraggio e controllo che si sta definendo in Federcalcio, sia quello che la Uefa farà scattare in campo internazionale. Il tema non è quello di far scappare chi vuole investire nel calcio. Per spendere, però, bisogna poterselo permettere».
Resta, gli fanno notare, il dato di compensi insostenibili.
«Sono le stesse società che firmano. E noi siamo davvero preoccupati per i costi dei club».
La ricetta è incrementare gli investimenti:
«La sostenibilità è fare degli investimenti. Sui vivai, sulla crescita dei giocatori selezionabili per la Nazionale, e perché no sulle seconde squadre. Perché, tranne la Juve, nessuno è riuscito a investire sulle seconde squadre?».
Non servirebbe anche una maggiore equità nella categoria dei calciatori?
«I grandi campioni sono anche quelli che generano risorse. Oggi il top player è anche la possibilità dei benefici per le società anche fuori dal campo. Però certo, sono convinto che ci sia un problema di redistribuzione delle risorse nel sistema».