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Ancelotti non è più bollito, a Napoli è il giorno dell’”eh grazie, pure io vincerei col Real Madrid”

Benzema e Modric c’erano pure lo scorso anno. Nell’era dei profeti, Ancelotti vince senza professare un suo calcio. E senza riempire la bocca di sé, ne ha viste troppe

Ancelotti non è più bollito, a Napoli è il giorno dell’”eh grazie, pure io vincerei col Real Madrid”
Db Madrid 07/12/2021 - Champions League / Real Madrid-Inter / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Carlo Ancelotti

 

A Napoli è il giorno dell’”eh grazie”. L’eh grazie ha sostituito il bollito, il pensionato, quello col figlio raccomandato. “Eh grazie, pure io vincerei col Real Madrid”. È una meravigliosa dannazione che insegue Carlo Ancelotti. A Napoli ma non solo. Non ripeteremo concetti già espressi mille volte. Il Napoli è in corsa per lo scudetto. Dopo un anno e mezzo di buio De Laurentiis ha preso un allenatore vero e i risultati si vedono. Resta un trauma che a nostro avviso è la fotografia del “vorrei ma non posso” del Napoli di De Laurentiis: quell’esonero che fu una manifestazione di impotenza e anche le Colonne d’Ercole dell’uomo che pure tanti meriti ha.

Ma veniamo all’oggi e anche all’altro ieri (l’Everton). Si parla sempre tanto per parlare. Ancelotti arriva in un Real Madrid dato per spompato, bollito (arieccolo). La sua viene presentata come una stagione di transizione. Ma a Madrid la transizione non esiste. Non può esistere. Ma non è che vinci solo perché ti chiami Real, non funziona così. Lo scorso anno, il Madrid non vinse nemmeno un titolo. In tanti forse lo hanno dimenticato: uscì dalla Champions dominato (dominato) in semifinale dal Chelsea di Tuchel. A Londra non ci fu partita.

Dodici mesi dopo, il Madrid ha rigiocato il doppio confronto e nel frattempo sono stati solo due i nuovi acquisti: Alaba e Camavinga che è forte ma non è un titolare, non è un calciatore fatto e finito. La squadra è la stessa dello scorso anno. Più vecchia di un anno, tant’è vero che a Madrid viene criticato perché a loro avviso non dà adeguato spazio a Valverde e Camavinga. Fin qui ha vinto la Supercoppa spagnola. È in semifinale di Champions. Ed è in testa alla Liga con un discreto vantaggio.

Ma le obiezioni non mancano. Anzi, sono tantissime.

“Eh grazie, ha Benzema”. Se poi vai a spulciare i numeri, in tredici stagioni al Madrid il francese non aveva mai segnato tanto. Benzema era Benzema anche lo scorso anno. Eppure si era fermato a 30 gol, così come la stagione prima (sempre senza Ronaldo) a 27. Ora è già a 38 record assoluto al Real. Ovviamente per opera e virtù dello spirito santo.

“Eh grazie, ha Vinicius”. Vinicius è al Madrid da quattro stagioni. L’anno scorso ha giocato 50 partite e segnato 6 reti. Benzema arrivò a dire “non passategli la palla che gioca da solo”. Era un caso. Era un problema, non una risorsa. Adesso di gol ne ha segnati 17, di cui 14 in Liga. I miracoli passano a due.

Il terzo miracolo si chiama Militao fino a settembre considerato un inaffidabile, un problema e adesso un calciatore indispensabile.

L’eh grazie prosegue all’infinito. “Eh grazie, ha Modric”. Che c’è sempre stato e che una discreta fetta della critica madrilena avrebbe voluto in panca perché vecchio. Così come c’è sempre stato Courtois. Verrebbe anche da porsi una domanda: ma con chi dovrebbe giocare al Real Madrid, con Hysaj? Pare che non lo abbia richiesto pur sapendo che era svincolato.

La verità, a nostro avviso, è che Ancelotti è l’anti-profeta. Non ha la verità in tasca. Non dirà mai “il mio calcio”. Non c’è un suo  calcio. Pensa, è convinto, che il calcio non sia suo né di nessun altro. Il calcio è il calcio. Vive di questo da oltre quarant’anni, da sempre, e come tutti quelli che sanno, non si riempie la bocca di sé. Ne ha viste troppe per credere ai fenomeni. Ha vinto tanto, tantissimo, ha vinto partite all’ultimo secondo, ha riacciuffato finali di Champions all’ultimo calcio d’angolo, ne ha perse altre in vantaggio 3-0 all’intervallo.

Oggi si parla di Madrid-Chelsea come se il Real avesse vinto per opera e virtù dello spirito santo. “A culo”. Come se la partita d’andata non fosse mai esistita. E come se non ci fosse stato alcun cambio sul 3-0.

È anche colpa sua, Ancelotti non va in tv a dire: “avete visto con quale difesa abbiamo terminato la partita?”. Non ha bisogno dell’applauso, altrimenti non sarebbe Carlo Ancelotti. Eppure il Real Madrid ha terminato il quarto di finale di Champions contro i campioni in carica del Chelsea con Carvajal centrale, Lucas Vazquez laterale destro, Marcelo (che alcuni credevano si fosse ritirato) laterale sinistro. E, come detto, non stava giocando col Pergocrema.

Ancelotti non va in giro col cartello “ho battuto il Liverpool campione d’Europa con Maksimovic a destra”. Proprio per questo non è considerato un guru. Lo è invece, ad esempio, uno come Rangnick che nel suo palmares ha tre coppe tedesche e un solo campionato vinto: in Serie B con l’Hannover.

Potremmo dire che Ancelotti non è di moda. In fondo non lo è mai stato. È un Rolex, il Rolex non va di moda. Come la Ferrari. O, se volete, come il panino con la mortazza (esempio che lui apprezzerà di più). Non a caso Lahm nel suo articolo per il Guardian ha ricordato che dopo le partite ama andare a ristorante con la famiglia a mangiare tortellini.

Una piccolissima parentesi sull’Everton. Dedicata ai capiscer che ogni tanto intervengono: “all’Everton non ha vinto niente”. Volevamo vedere. All’Everton lo scorso anno hanno a lungo accarezzato il sogno europeo. Oggi l’Everton è in piena lotta per non retrocedere. Come ricordato da Ivan Zazzaroni, ha trasformato Calvert-Lewin in un bomber da 21 gol (quest’anno è a tre). E tante altre cose potremmo aggiungere.

In fin dei conti, la verità è che non puoi capire chi è Ancelotti discutendo solo di calcio. Comprendi realmente Ancelotti quando, all’uscita di un ristorante, vedi un uomo che sotto una pioggia infernale si fa il bagno mentre accompagna in automobile la suocera anziana che si sposta su una sedia a rotelle.

Come disse quell’altro bollito di Mourinho: “Chi sa solo di calcio, non capisce niente di calcio”.

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