Al Corsport. «A dicembre, con estrema onestà, dissi all’agente di Dybala che potevano sentirsi liberi. Ad ora nulla è deciso»
Il Corriere dello Sport, a firma Ivan Zazzaroni, scrive di un’intervista che Maurizio Arrivabene gli aveva addirittura «promesso». E che era stata rinviata più volte. L’ultima volta l’8 marzo perché c’era «troppa attenzione sul tema Dybala» e il dirigente juventino voleva arrivare «con una decisione definitiva, in un senso o nell’altro». Alla fine l’intervista c’è. Subito dopo il tonfo europeo contro il Villarreal.
«Dormire ho dormito, anche se sono uno che dorme poche ore, quattro o cinque per notte. Se ho assorbito la sconfitta? Sono un parsimonioso bresciano molto pragmatico e non racconto frottole. L’obiettivo di questa stagione era il passaggio agli ottavi e il posto Champions per la prossima. Raggiunto il primo, abbiamo proceduto partita dopo partita. L’uscita è stata spiacevole in assoluto, ma non cambia di una virgola i nostri piani. Si chiude un capitolo e se ne apre un altro, la società è focalizzata su un three years plan, un progetto triennale, nel quale – l’abbiamo tutti ben chiaro – deve coesistere l’aspetto finanziario con quello sportivo, i conti con i risultati del campo. Non abbiamo mai raccontato nulla di diverso, a partire dalla scorsa estate».
Su Ronaldo.
«Nei primi giorni, vedendolo al campo, motivato e sul pezzo, mi convinsi che sarebbe rimasto. In seguito manifestò altri propositi e sappiamo bene come è andata».
Oggi per Arrivabene è la “giornata degli schiaffi” ma lui reagisce bene. O meglio, quando è nella veste dirigenziale, con assunzione di responsabilità, riesce a tenere da parte l’animo del tifoso. Un po’ «diversamente da Pavel». Nedved «è più istintivo, non si trattiene… ».
Senta, alla Juve è cambiata la struttura, siamo qui non per ricostruire, ma per costruire. Io, Nedved, Cherubini e Allegri: scelte, decisioni e programmi sono il frutto di riflessioni a quattro teste e non prescindono dalla condivisione di percorsi e obiettivi. Naturalmente sotto la supervisione di Andrea Agnelli che vive la Juve in maniera totale, arriva in sede alle 7 e mezza del mattino – di solito a quell’ora ci siamo solo io e lui – e se ne va quando è buio».
La ricostruzione intorno a Vlahovic, ovviamente. Il cui arrivo è stato anticipato perché «attorno a Dusan c’erano dei movimenti, in particolare di club stranieri». A giugno la Juve “rischiava di non essere competitiva” in un’eventuale asta. Se nella nuova Juve ci sarà Dybala ancora non è dato saperlo. Arrivabene scherza con Zazzaroni: gli chiede prima se interessa dei rinnovi di Cuadrado, De Sciglio, Chiellini, Bonucci e Bernardeschi. Poi l’approfondimento sull’argentino. «In autunno c’era un accordo» e le cifre recentemente riportate dal Corriere dello Sport erano veritiere, corrette.
Poi le cose sono cambiate, «decisamente. L’inverno scorso c’è stato l’aumento di capitale da 400 milioni, che serviva a aggiustare i conti, non per il mercato, in più aspettavamo la semestrale, di conseguenza si sono rese necessarie nuove valutazioni riassumibili nei quattro parametri: l’aspetto tecnico, il numero delle presenze effettive, la durata del contratto e il valore economico attribuibile al singolo giocatore».
Dunque?
«ll giorno dell’ultimo contatto con l’agente, non ricordo con precisione la data, ma era metà dicembre, alla domanda “possiamo ritenerci liberi?”, risposi sì, ma solo perché non avrei potuto chiudere l’operazione in quel preciso momento. Fu un atto di estrema onestà. Qualcuno ha scritto che a un certo punto sarei addirittura scappato da quella riunione. Scappato, capisce? Spiegai tanto all’agente quanto a Nedved e Cherubini che avevo un impegno personale inderogabile. Io non scappo». Non è detto che ci sarà un’offerta, neanche al ribasso. «Vediamo come si presenta Paulo, nulla è deciso. Mi deve credere».
Zazzaroni non ci crede.
«Quindi non mi crede più nessuno… Il direttore della comunicazione, Albanese, fu il primo a ricordarmelo (che aveva detto che non avrebbe fatto colpi di teatro a gennaio, poi la Juve ha preso Vlahovic, ndr). Gli risposi: Claudio, ma noi abbiamo fatto un colpo di mercato, non di teatro».
Il tema Superlega è abbandonato?
«Proprio per niente. È presentissimo nel quotidiano. La Superlega è un tema che non si può abbandonare, siamo informati da lui su tutti i passaggi».
La Juventus ha fatto un’iniziativa per l’Ucraina.
«Ci siamo confrontati con le autorità ucraine e con il supporto della Protezione civile e della Regione Piemonte (che hanno in cura i bambini verso cui era rivolta l’iniziativa, ndr). Siamo partiti il venerdì, alle 20. Due pullman, quelli della prima squadra maschile e femminile, e tre jeep, io ne guidavo una, su un’altra Riccardo, l’autista ufficiale. Li avevamo riempiti di generi alimentari, vestiti, medicine. Deniz naturalmente è venuta con noi. Passando dalla Slovenia abbiamo raggiunto Zahony, un paesino al confine tra Ungheria e Ucraina. La domenica mattina eravamo a La Morra, 2.800 chilometri ai 106 all’ora come velocità massima. Avrà notato che a Firenze non c’erano il medico sociale e il pullman della squadra, oltre a tre addetti alla sicurezza. Con noi è venuta anche una psicologa. Mi ha colpito la dignità di quella gente. E poi pensi, si sono riuniti tutti in cerchio, c’era anche il sindaco di Zahony, prima di regalarci un piatto pieno di fiori, Capisce, il regalo l’hanno fatto loro a noi… Ora che ci penso, 2.800 chilometri e ci hanno fermato una solo volta, la polizia, in Slovenia (Ceferin è sloveno, ndr). Ci hanno chiesto se ci fossero i giocatori e ci hanno lasciato andare via…. ma questo non lo scriva»