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Se il Napoli giocasse per Osimhen come la Roma gioca per Abraham

Le sensazioni e i numeri ci dicono che Mourinho fa giocare la squadra in funzione del calciatore più forte. Noi non sempre riusciamo a farlo

Se il Napoli giocasse per Osimhen come la Roma gioca per Abraham
Roma 20/03/2022 - campionato di calcio serie A / Roma-Lazio / foto Image Sport nella foto: Tammy Abraham

Dal derby di Roma, dalla lezione di calcio impartita da Mourinho a Sarri, c’è una lezione che è valida anche per il Napoli di Spalletti. E non è quella che riguarda la gestione della tensione. Sarebbe impensabile raggiungere i livelli del portoghese che trasforma tensioni e pressione in energia positiva, una sorta di termovalorizzatore del calcio. Nessuno, nel campionato italiano, può avvicinare gli standard del portoghese.

La lezione è di altra natura. È concettuale, ancor prima che tattica. Mourinho ha offerto una dimostrazione plastica di cosa voglia dire rendere una squadra al servizio di un giocatore, del giocatore più forte. La Roma quest’anno ha portato in Italia Abraham (che noi ad agosto definimmo il colpo più importante del mercato, non perché siamo bravi, bastava aver seguito minimamente il campionato inglese). Un affare sotto molto punti di vista. Un affare in sé, considerato il valore e la prospettiva del giocatore. E un affare perché la Roma ha rimpiazzato il 36enne Dzeko con un calciatore di 24 anni, con dieci presenze nella Nazionale inglese. E non a caso Abraham ha già segnato 23 reti stagionali, 15 in campionato.

Che cosa ha fatto Mourinho? Ha modellato la Roma in funzione di Abraham. Lo ha fatto sempre più nel corso della stagione. Ha provato a far convivere lui e Zaniolo, poi si è convinto di non poter fidarsi del perenne enfant prodige del calcio italiano. E infatti ieri lo ha lasciato in panchina. Perché per gli allenatori, almeno quelli veri, non è mai questione di moduli e schemi, è questione di calciatori sui cui puoi fare affidamento o no. Ieri Mourinho ha messo in campo gli undici di cui si fidava. E l’intera manovra giallorossa era ed è pensata per il centravanti inglese. Anche le scelte di Oliveira e Cristante sono funzionali al disegno del portoghese di giocare per Tammy. È finita come sappiamo. Ed è illuminante soprattutto l’azione del secondo gol. Calcio puro, studiato e ripetuto in allenamento, con Karsdorp che crossa sapendo già chi troverà al centro dell’area. Certo poi aiuta trovarsi di fronte la Lazio di Sarri e, nello specifico, Hysaj. Anche il lancio di Cristante nel secondo tempo, con Abraham che aggancia e sbaglia il 4-0, è un chiaro segnale dello schema giallorosso.

La Roma gioca per Abraham molto più di quanto il Napoli giochi per Osimhen. Contro l’Udinese, il nigeriano ha toccato 27 palloni e ha segnato i due gol che hanno ribaltato la partita. Così come ne aveva segnati due a Verona, e uno a Venezia e a Cagliari. Sei gol che hanno fruttato dieci punti. In totale ha segnato 15 gol, di cui 11 in campionato.

I 27 palloni toccati da Osimhen contro l’Udinese vanno contestualizzati. Il Napoli ha avuto il 64% di possesso palla. Mertens, entrato a inizio secondo tempo, di palloni ne ha toccati 26 appena uno in meno di Victor. Insigne ne ha toccati 71, quasi il triplo rispetto a Osimhen. Fabian Ruiz, che ha giocato solo un tempo, 50. Osimhen è stato il calciatore del Napoli che ha toccato meno palloni. Per distacco.

Ieri, nel derby, il centravanti di Mourinho di palloni ne ha toccati 38: appena 1 in meno di Oliverira, 5 in meno di Karsdorp, 8 in meno di Mkhitaryan, 12 in meno di Pellegrini. E la Roma ha avuto il 34% di possesso palla. Abraham è centrale per il gioco della Roma. Osimhen non è centrale per il gioco del Napoli. Fatte salve ovviamente le differenti caratteristiche dei due calciatori. Ma è evidente che il gioco della Roma sia più verticale di quello del Napoli dove i palloni toccati dai centrocampisti è nettamente più alto dell’attaccante di punta.

Se analizziamo i dati di Roma-Atalanta 1-0, gol decisivo ovviamente di Abraham, notiamo che i dati non cambiano. La squadra di Mourinho vinse col 35% di possesso palla. I palloni toccati dal centravanti furono 40 in 85 minuti di gioco. Pellegrini ne toccò 42, appena due in più di Abraham. Cristante 46.

Potremmo continuare con i numeri e far notare che a Verona, in una partita che il Napoli giocò con un assetto diverso, Osimhen di palloni ne toccò 43, appena 5 in meno di Lobotka.

Del resto non stiamo dicendo nulla di nuovo. Lo stesso Spalletti, al termine di Napoli-Udinese, ha rivelato che il Napoli in partita ha cercato troppo poco Osimhen. Non sarebbe male prendere spunto dalla Roma.

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