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Tomic: «Ho ancora paura di mio padre, non vorrei crescere mio figlio così»

Il tennista australiano: “Mi ha preso a pugni, pallate, racchettate e cose del genere. E’ un pazzo. Ma mi ha reso quello che sono oggi”

Tomic: «Ho ancora paura di mio padre, non vorrei crescere mio figlio così»

“Ho ancora paura di mio padre. Non vorrei crescere mio figlio nel modo in cui sono stato cresciuto io”. C’è stato un tempo in cui Bernard Tomic era considerato un precocissimo talento del tennis mondiale, con un padre-padrone. Ora che a 29 anni veleggia nei bassifondi del ranking Atp affronta i suoi demoni. Lo hanno intervistato i giornali australiani The Age e Sydney Morning Herald, proprio nei giorni in cui ne ha combinata un’altra: ha perso male alle qualificazioni degli Australian Open urlando all’arbitro di essere certo di avere il Covid. Ha poi fatto il tampone ed ha vinto la scommessa.

“Mi ha fatto molte cose. Mi ha preso a pugni, pallate, racchettate e cose del genere. E’ un pazzo. Ma mi ha reso quello che sono oggi. Era disciplina al 100 per cento. È un brav’uomo e ha un buon cuore e ha dedicato molto tempo e sforzi per rendermi quello che sono”.

A 14 anni Tomic ha firmato un contratto con Nike, il più redditizio di qualsiasi sportivo della sua età. A 16 anni è diventato l’uomo più giovane a vincere una partita agli Australian Open. E poi è stato il giocatore più giovane dai tempi di Boris Becker a raggiungere i quarti di finale a Wimbledon, a 18 anni nel 2011.

“Le aspettative di mio padre su di me come giocatore erano sempre troppo alte. Essere il numero 1, vincere 10-20 tornei del Grande Slam… Le persone non vedono questo mondo costante di pressione, pressione, pressione. A volte non volevo giocare a tennis. Non era una cosa che mi piacesse fare al 100%. Ma battevo tutti…”

Tomic nel 2018 quando, dopo non essere riuscito a qualificarsi per gli Australian Open, va in conferenza stampa e dice: “Conto solo i soldi, è tutto ciò che faccio. Conto i miei milioni”. La sua immagine anche in patria è colata a picco.

“Questo è sempre stato il mio obiettivo: immaginavo di avere Ferrari e cose del genere. Ma quel genere di cose non ti rende felice nella vita quando arrivi a un certo punto. Non ti soddisfa alla fine della giornata. Sì, hai soldi, case e macchine, va bene per un secondo. Come persona nel profondo, sei sempre alla ricerca di qualcosa che ti guidi e ti renda felice. Diventi esausto e annoiato. A volte diventa un po’ deprimente. Con tutto il rispetto, ora sono maturato. Non sono la stessa persona che ero”.

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