Sostar su Djokovic: «Se fosse stato americano avrebbe giocato, è un caso politico, l’Australia lo ha maltrattato»

La medaglia olimpica a Repubblica: «È un precedente pericoloso. Ha sbagliato, ma se avesse avuto anche il 5% di dubbio sulla sua esenzione non sarebbe partito»

Djokovic

Parigi (Francia) 13/06/2021 - Roland Garros / foto Imago/Image Sport nella foto: Novak Djokovic

La Repubblica intervista Aleksandar Sostar, medaglia olimpica a Seul nel 1988 con la nazionale jugoslava di pallanuoto e due volte campione d’Italia con Posillipo. Il tema è Djokovic e il caso Australian Open. Per Sostar si tratta di un caso politico.

«Se fosse stato americano, Nole avrebbe giocato gli Australian Open».

La vicenda, dice, si è giocata tutta sul piano politico. Trova inaccettabile la vicenda sul piano umano, nonostante ammetta che le regole vanno rispettate e che ciascuno Stato fa rispettare le sue.

«Quello che ha dovuto vivere Novak è qualcosa di molto brutto. Non si può trattare nessuno così, non puoi lasciare uno dei migliori sportivi al mondo nell’incertezza per una settimana. Digli subito che non potrà entrare, senza cambiare opinione o dando esenzioni e poi cancellandole».

Sostar difende Djokovic, ma con dei distinguo.

«Sì. Ma voglio essere chiaro: lui ha sbagliato. Ha sbagliato a partecipare a eventi pubblici se aveva il Covid: non so se sia vero, l’ho letto come tutti voi. Ma lui ha ammesso di aver sbagliato. Mi domando: è stato castigato per quell’errore? Non lo sapevano, che aveva sbagliato, quando gli hanno concesso l’esenzione?».

Per questo ritiene si tratti di un caso politico.

«Certo. Perché so che persona è Nole. Non sarebbe mai entrato in Australia se non fosse stato certo che le carte fossero a posto. Se avesse avuto anche solo il 5 per cento di dubbio, posso assicurarvi che Nole non sarebbe salito su quell’aereo. E poi, qualcuno gli ha permesso di salirci».

Continua:

«Certamente è stata una scelta politica. E questo è pericoloso per lo sport, perché apre al rischio che esista una discrezionalità su chi ammettere alle competizioni oltre il merito sportivo».

Crede che se fosse stato americano avrebbe giocato gli Australian Open?

«Secondo me sì. Dico purtroppo, ma credo di sì. Sarebbe arrivata una decisione diversa perché è inutile raccontarci che siamo tutti uguali: chi ha più potere politico, ce l’ha e basta. Questa è la vita».

 

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