Berrettini: «Del tennis amo l’indipendenza e l’aver reso migliore, con il mio lavoro, la vita delle persone che amo»
Alla Gazzetta: «Se dovessi decidere di partire due mesi per un’isola deserta, nessuno potrebbe impedirmelo. E poi la competizione per me è adrenalina pura»

Londra (Inghilterra) 09/07/2021 - Wimbledon / foto Imago/Image Sport nella foto: Matteo Berrettini
Sulla Gazzetta dello Sport un’intervista a Matteo Berrettini, reduce da un infortunio che lo ha costretto a ritirarsi dalle Atp finals e a rinunciare anche alla Coppa Davis.
«Sono guarito, l’infortunio per fortuna si è risolto piuttosto in fretta e ho potuto allenarmi molto bene durante queste settimane di pausa».
Ha lo stesso allenatore da quando era ragazzo, Vincenzo Santopadre. Ne parla:
«Vincenzo sa ascoltare, questo è il più importante dei segreti. E poi siamo maturati insieme, lui mi ha preso che ero un tredicenne anche piuttosto scarso e io mi sono fidato di un allenatore che in quel momento faceva semplicemente il maestro di tennis all’Aniene. Oggi lui è un coach di livello mondiale e io un top ten: ci siamo arricchiti a vicenda, umanamente e tecnicamente».
Gli viene chiesto qual è la cosa che gli piace di più dell’essere tennista. Risponde:
«L’indipendenza. Poter scegliere il meglio per me stesso: se dovessi decidere di partire due mesi per un’isola deserta, nessuno potrebbe impedirmelo. Poi, la competizione: per un’agonista come me è adrenalina pura. Infine, avere reso migliore con il mio lavoro la vita delle persone che amo».
Ma ce n’è anche una che gli piace di meno:
«I lunghi periodi lontano dalla famiglia, dagli affetti, dagli amici. E la pressione di dover riconfermare il tuo valore di giocatore una settimana dopo l’altra».
Il complimento più bello che ha ricevuto?
«Quando mi hanno detto che ogni volta che gioco non è soltanto una partita di tennis. Che emoziono perché non nascondo mai quello che provo. Siamo umani, per fortuna».