I cappelloni western di Galeazzi, che celebrò lo scudetto del Napoli

Il canottaggio e il tennis sono stati gli sport più celebrati da Giampiero. Per quanto scomposto e urlante per le gare dei canottieri, era invece di un aplomb britannico nelle telecronache del tennis

galeazzi carratelli

Db Roma 15/11/2011 - amichevole / Italia-Uruguay / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Giampiero Galeazzi

Si è spenta, a Roma, la voce più vibrante e appassionata del canottaggio. Giampiero Galeazzi aveva 75 anni. Il diabete è stato fatale. La sua voce selvaggia, ansimante, angosciosa nei finali di gara, strozzata, quasi afona dopo il traguardo, ha accompagnato, sorretto, incitato e celebrato i fratelloni campani del remo, Giuseppe e Carmine Abbagnale con l’appendice deliziosa di Peppinello Di Capua, campioni del mondo e campioni olimpici.

Grandi sono state le imprese dei canottieri di Pompei, grandissima la leggenda tramandata dalle telecronache di Galeazzi, un urlo continuo e appassionato ad ogni colpo di remo là sull’acqua colorata del lago Casitas in California, sull’acqua arrossata da misteriose alghe del lago di Lucerna, e, trionfo dei trionfi, sull’acqua del fiume Han a Seul, quegli ultimi cento metri alle Olimpiadi 1988, le corde vocali di Giampiero al diapason e, sul fiume, nell’epica battaglia con inglesi e tedeschi dell’est quasi un fruscio di seta i colpi dei remi nell’acqua.

Era stato canottiere in gioventù, Giampiero Galeazzi, campione del mondo juniores nel 1964, a 18 anni, e nella squadra azzurra a Città del Messico, i Giochi del 1968, quand’era alto e magro prima di diventare un gigante di 1,92 raggiungendo i 174 chili, troppo glucosio nel sangue.

Fu un grande amico soprattutto nelle giornate del Napoli di Maradona celebrando lo scudetto del 1987 nello spogliatoio azzurro, inondato di champagne dal pibe in diretta Rai, una telecronaca di festa fino a cedere il microfono a Diego che fece le interviste. Un gran compagnone pantagruelico nelle trattorie napoletane dove, letteralmente, spazzava via il cibo in quantità spettacolari e beveva litri e litri di acqua minerale.

Il canottaggio e il tennis sono stati gli sport più celebrati da Giampiero. Per quanto scomposto, urlante, partecipe ai bordi di laghi e fiumi per le gare dei canottieri, era invece di un aplomb britannico nelle telecronache soffuse, a mezza voce, sugli spalti del tennis. Fece epoca il suo gran cappellone, a metà tra un film western e il cappello celebre di Federico Fellini.

Apparve in Rai nel 1970. Fu radiocronista dal 1972 al 1976. Poi sugli schermi televisivi, personaggio a tutto tondo per la simpatia, la spontaneità, il sorriso di grande ragazzo. Per il suo gran mangiare, riflesso nell’enorme mole, fu Gilberto Evangelisti, altro giornalista Rai, ad affibbiargli il nomignolo di Bisteccone.

Diventato sportivo remando sul Tevere, amava il mare di Napoli soprattutto se accompagnato da arancini di riso, crocchè e zeppoline di alghe.

Tifoso laziale, stava seguendo al Foro Italico in telecronaca la finale di tennis degli Internazionali d’Italia fra un brasiliano e uno svedese e aveva l’orecchio alla radiolina: dall’Olimpico, Riccardo Cucchi faceva la radiocronaca di Lazio-Reggina, ultima partita di campionato, maggio 2000. Quando Cucchi, urlò: “La Lazio è campione d’Italia”, Galeazzi mollò il Foro Italico per correre al vicino Olimpico per celebrare lo scudetto della Lazio.

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