Leclerc: «Non ho mai paura quando guido, voglio soltanto essere il più veloce in pista»

Al CorSera: «Verstappen mi stava antipatico quando eravamo più giovani e lottavamo sui kart mentre Lewis correva già in F1. Adesso sono solo due piloti che vorrei superare»

Leclerc

Zandvoort (Olanda) 05/09/2021 - gara F1 / foto Imago/Image Sport nella foto: Charles Leclerc

Il Corriere della Sera intervista Charles Leclerc, pilota della Ferrari. Gli viene chiesto chi tra Hamilton e Verstappen gli è meno antipatico. Risponde:

«Onestamente, non ho una allergia per l’uno o per l’altro. Max mi stava antipatico quando eravamo più giovani e lottavamo uno contro l’altro con i kart o con piccole monoposto, mentre Lewis, a quell’epoca, correva già in F1. Adesso sono solo due piloti che vorrei raggiungere guidando la mia macchina».

Sui suoi difetti:

«Qualche volta mi lascio andare, la voglia di fare meglio mi porta a commettere un errore. È un difetto che si è visto, credo. Nei momenti più difficili ho cercato di combinare qualcosa di speciale, di diverso da ogni altro pilota, di azzardare qualcosa che altri non riescono a fare. Però c’è una cosa che voglio dire: sono sempre cresciuto di fronte a una valutazione sbagliata. Il prezzo è alto anche perché sei un pilota di F1 e della Ferrari, ma è parte del gioco. Prendere un rischio estremo cercando di guadagnare qualche decimo comporta la possibilità di ottenere il risultato opposto, di perdere terreno invece di progredire. Ma sono convinto che dentro questa economia, un pilota debba cercare la perfezione».

Tra i piloti c’è rispetto ma non amicizia, è così?

«La mancanza di amicizia è una cosa che ho visto di più in passato, la generazione precedente alla mia era composta da persone pochissimo legate tra loro. Ora la situazione è molto diversa. Vado d’accordo con i ragazzi contro i quali corro. Con Verstappen o con Lando Norris… Ma se devo scegliere un amico, dico Pierre Gasly. Ci conosciamo da quando avevamo sei anni, correvamo e andavamo in vacanza insieme, il legame è particolarmente forte».

Sulla manifestazione antirazzismo prima del via.

«È un atto significativo e importante, soprattutto per i più giovani. Penso sempre che un bambino o un ragazzo, in tribuna o davanti alla tv, possa chiedere ai genitori il perché di quel comportamento e ricevere risposte che mettono al centro un tema fondamentale. Qualcosa che magari genera altre domande, una presa di coscienza su ciò che li circonda e circonda ciascuno di noi».

Come si fa a gestire l’emotività e la tensione prima del via?

«È un lavoro specifico, una attitudine che ho sviluppato soprattutto tra i 12 e i 16 anni con gli specialisti di Formula Medicine, centro italiano che si occupa della preparazione psicofisica dei piloti. Occorre individuare la forma mentale che permette di rendere al duecento per cento. Una volta individuata, si applica una sorta di procedura. Lo faccio costantemente, quando sono troppo nervoso o troppo calmo e in questo modo riesco a ricentrare me stesso, riappropriandomi di quella zona, diciamo così, che mi permette di rendere al meglio. Mi attivo, allerto i riflessi, pratico una respirazione particolare».

Sulla paura prima di una gara:

«Non ho mai paura quando guido. Se pensassi al rischio che corro affrontando una curva, beh meglio tornare a casa. Ciò non toglie che accadano incidenti gravi e che possiamo perdere una persona cara ma questo non può interferire con una attitudine profonda, mettere in discussione l’amore che ho per questo sport. Quando salgo in macchina desidero soltanto essere il più veloce in pista».

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