Mourinho spiazza ancora: parla poco, giusto il tempo di asfaltare Conte
Vado l'ammazzo e torno. Tutti si aspettano le scintille? Lui, da consumato giocatore di poker, aspetta solo la mano giusta per far male

Vado l’ammazzo e torno. E la polizia non ti becca. Perché José Mourinho non sai mai dove lo troverai. E oggi, per la presentazione come allenatore della Rona, nientemeno che al Campidoglio, il portoghese ha spiazzato ancora una volta tutti. Sapeva che la platea lo aspettava per le sue battute. Lui da subito ha voluto dare l’impressione di voler rimanere lì il minor tempo possibile. E infatti ha parlato una ventina di minuti.
«Non è la Roma di Mourinho, è la Roma dei romanisti». Ha interpretato Mourinho alla perfezione quando ha detto: «È colpa mia se oggi parlano di me come un allenatore che non ottiene più risultati». Ricorda il campionato vinto col Chelsea, i tre trofei con lo United, i sei posti guadagnati in classifica col Tottenham. «Risultati che per me sono un disastro, per altri sarebbero il massimo della carriera. La colpa è mia, sono vittima di me stesso». Sono stato troppo bravo.
Come un giocatore professionale di poker, ha atteso il momento giusto per assestare l’unico colpo che voleva sparare. L’obiettivo era far male ad Antonio Conte. E allora l’ha confezionata bene, l’ha presa da lontana. «Ci sono allenatori che non possono essere paragonati con altri. Qui alla Roma non si possono fare paragoni con Liedholm e Capello (i due vincitori degli scudetti, ndr), così come all’Inter non possono essere fatti paragoni con Helenio Herrera e con me». Prendi e porta a casa. Come a dire: se volete, paragonatelo a Invernizzi o a Bersellini. Se proprio cercate il top, allora rifugiatevi in Trapattoni.
Ha lasciato intendere che c’è tanto da lavorare. Che poi Trigoria non è questo centro sportivo da sogno. E ha dato appuntamento per la prima partita: «Vogliamo vincere la prima partita. Poi, penseremo alla seconda». Un modo per dire che a Roma bisogna sgobbare tanto per provare a diventare competitivi.