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L’Accademia della Crusca scioglie ogni dubbio: si dice il VAR, al maschile

La sigla si riferisce ad una persona, per quanto sia stata utilizzata anche per indicare il sistema o la strumentazione, quindi è corretto il genere maschile

Il VAR o la VAR? Un dubbio che ci accompagna ancora, vista l’alternanza con cui viene proposto un genere diverso ogni volta. La sigla si riferisce a un essere umano, significa “assistente arbitro in video”, per cui il genere dovrebbe accordarsi a quello della persona a cui viene assegnato il ruolo. Tuttavia, specialmente all’inizio, l’acronimo era utilizzato anche per indicare la tecnologia, e quindi spesso e volentieri tuttora qualcuno utilizza il femminile. A dirimere la questione ci ha pensato l’Accademia della Crusca.

VAR è l’acronimo di Video Assistant Referee, un assistente che collabora con l’arbitro in campo per chiarire situazioni dubbie (quelle specificatamente previste dal regolamento), avvalendosi dell’ausilio di filmati e di tecnologie che consentono di rivedere più volte l’azione, a velocità variabile, da diverse angolature, con ingrandimenti e riduzioni.

Per quanto la sigla si riferisca alla PERSONA, soprattutto nelle fasi iniziali dell’introduzione di questa particolare procedura di aiuto all’arbitro in campo, vi è stata una notevole incertezza nei mezzi di comunicazione di massa che l’hanno riferita anche alla TECNICA, al SISTEMA, alla STRUMENTAZIONE, determinando di conseguenza nel parlante medio, ma anche fra gli addetti ai lavori, un’incertezza sul genere che, va chiarito subito, è il MASCHILE.

L’Accademia della Crusca fu subito interpellata dai giornali sulla questione e si espresse a favore del maschile (la notizia fu data in un articolo di Antonio Montanaro comparso sul Corriere Fiorentino del 22 agosto del 2017 e rimbalzò sulla rete nei giorni successivi).

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