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Allevi: «Ho un disturbo alla vista. I medici dicono che dovrei smetterla con i concerti. Non voglio»

Al Corriere: «Quando suono non vedo la mano sinistra, ma chiudo gli occhi e uso l’immaginazione. Secondo gli psicologi potrei avere la sindrome l’Asperger»

Allevi: «Ho un disturbo alla vista. I medici dicono che dovrei smetterla con i concerti. Non voglio»

Il Corriere della Sera intervista Giovanni Allevi. Il compositore, oggi 52enne, racconta gli inizi della sua carriera, quando, per mancanza di tempo, si nutriva quasi solo di pasta col tonno.

«Nel primo periodo in cui ho vissuto a Milano abitavo in un monolocale e facevo il cameriere per pagare l’affitto. Nonostante le difficoltà economiche, il mio pensiero principale era scrivere musica. Mi ero appena diplomato in composizione al Conservatorio Giuseppe Verdi e, non avendo tempo per cucinare, ho scoperto che il modo più rapido per nutrirmi era rovesciare una scatoletta di tonno sulla pasta appena scolata direttamente nella pentola e mangiarla. Per un anno è stata la mia dieta abituale. Questo mette in evidenza una maniacalità che mi ha sempre accompagnato nel corso della ricerca musicale. Sono portato per natura a concentrarmi in maniera spasmodica su determinati aspetti e lasciar perdere il resto. Diversi psicologi hanno ritenuto che questo e altri miei comportamenti siano riferibili alla cosiddetta “Sindrome di Asperger”, una leggera forma di autismo».

Con la sua musica Allevi ha aperto una nuova strada, controcorrente, dice. E parla di spaccatura con i colleghi.

«Ho creato una spaccatura. Da una parte ho ricevuto le critiche velenose di alcuni colleghi e dall’altra grandi riconoscimenti. Una rottura non cercata, dal momento che ho un carattere mite, incline al dialogo. Ma l’idea che la tradizione classica possa e debba essere innovata è stata vissuta da parte del mondo accademico come un peccato di lesa maestà. Il tempo mi sta dando ragione. Tutte le opposizioni più o meno faziose non hanno scalfito il mio entusiasmo e l’affetto che ricevo dalla gente»

Racconta la sua condizione di possibile Asperger.

«In quanto possibile Asperger sono avvolto in una ripetitività ossessiva di gesti e comportamenti. La mia risata arriva spesso improvvisa, non contestualizzata. E questo complica tutto da un punto di vista mediatico. Si tratta di una reazione psicologica al tentativo di avere un controllo sulla vita che continuamente mi sfugge. Probabilmente l’essere apolide è il mio peccato originale. La mia dannazione e la mia benedizione insieme».

Corre un’ora al giorno, per placare l’inquietudine.

«Con la corsa mi illudo di pedinare la mia inquietudine. Da anni corro quasi un’ora al giorno. La mente si annebbia e affiorano le idee musicali e filosofiche che mi regalano sollievo. Non lo faccio per salutismo ma per fuggire dal buio dell’anima. Corro a Milano sul tapis roulant, ad Ascoli Piceno in campagna a contatto con la natura».

Parla del suo rapporto con i social.

«Io non sono nato con i social. Dopo i concerti per anni ho incontrato i fan a tu per tu guardandoci negli occhi, ascoltando le loro emozioni. All’improvviso tutto si è spostato sul virtuale. Ma è rimasta la mia attitudine ad ascoltare. L’essere umano è una realtà complessa e profonda che contiene in sé l’inferno e il paradiso, questo mi affascina. E quando le persone mi scrivono sui social io resto incantato: mi perdo nelle loro descrizioni, amo il loro mondo interiore. E qui capisci che il numero di follower non conta, perché ciascuno di loro è un infinito e trovo assurdo che il mondo contemporaneo insegua i numeri, tralasciando l’unicità dell’essere umano».

Fa musica anche se i medici gli dicono che dovrebbe smetterla con i concerti.

«Ho una riduzione permanente del campo visivo. Quando suono non vedo la mano sinistra però chiudo gli occhi e appoggio le dita sulla tastiera immaginaria. I medici dicono che dovrei smettere di fare concerti. Non intendo obbedire».

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