Il giocatore di baseball suicida che è tornato a giocare senza un occhio, il gusto e l’olfatto

Drew Robinson, malato di depressione, si è sparato un colpo in testa ed è incredibilmente sopravvissuto. E ora spera che la sua storia di resurrezione aiuti gli altri

baseball

Prima di tutto un video:

Quello che tira un fuoricampo tra le urla del pubblico si chiama Drew Robinson. E non dovrebbe essere lì. Dovrebbe essere morto. Perché il 16 aprile dell’anno scorso, in pieno lockdown, preso da una feroce depressione, si è suicidato. Ha preso una pistola acquistata apposta e si è sparato ad una tempia, sul divano di casa sua. Ciò che accade dopo è quasi inspiegabile. La racconta ESPN,  ripresa dal Post.

Ma, prima, il contesto. Drew Robinson ha 29 anni, è un giocatore di baseball dei San Francisco Giants, otto volte campioni del mondo, non un campione, ma un pro. E’ per tutti una persona felice, senza un problema che sia uno. Invece è depresso, e nessuno lo sa. Nella lettera che lascia prima di spararsi scrive:

«Spero possiate capire che, per come l’ho nascosto, nessuno avrebbe mai potuto prevederlo, in nessun modo, e che non è colpa di nessuno. Mi dispiace»

Quella sera, preso dai suoi fantasmi, si spara. Mezz’ora dopo però si risveglia. Si rialza, sviene, si rialza, si riaddormenta. Si risveglia il mattino dopo e capisce la situazione: il colpo di pistola gli ha trapassato il cranio da un lato all’altro. Non ha più un occhio e i seni paranasali. Dopo circa 20 ore dallo sparo riesce non si sa come a chiamare i soccorsi, il 911. Dice:

«Ieri notte ho provato a suicidarmi, ma non ce l’ho fatta. Penso di aver staccato l’occhio. Non riesco ad aprire l’occhio destro e ho un enorme buco in testa. Sento molto dolore».

Finalmente nel pomeriggio la polizia buttò giù la porta di casa e lo trova seduto sul divano.

Nell’intervista a ESPN Robinson spiega che la carriera tra alti e bassi tra i professionisti aveva riportato a galla ansie e insicurezze che lo accompagnavano fin da bambino, la mancanza di autostima e sicurezza, messe a dura prova dalle pressioni della carriera sportiva. La pandemia, e l’isolamento avevano fatto il resto.

Robinson racconta anche di aver pensato di prendere un cagnolino, ma di averci ripensato subito: «Come avrei potuto? Non potevo prendere un cane, avevo intenzione di uccidermi».

Resta ricoverato due settimane, poi torna a casa. Senza un occhio, il gusto e l’olfatto. E delle placche di titanio a tenergli composta la fronte.

La storia successiva è quella di una resurrezione. Ricostruisce gli affetti, piano piano. E fa ammenda. Si convince che può essere di esempio: «Avrei dovuto affrontarlo prima, e quindi ora mi sento in dovere di aiutare le persone a superare battaglie che sembrano perse».

I Giants gli fanno firmare un nuovo contratto. Come testimonial. Riprende ad allenarsi e va in una squadra affiliata della Minor League, i Sacramento River Cats. Il 6 maggio debutta in campionato, l’11 maggio batte il suo primo fuoricampo. Quello del video.

Correlate