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Marisa Laurito racconta il pranzo fantozziano a casa di Gianni Agnelli

«Servirono solo una tazzina. Pensavo che fosse caffè, invece era brodo di tartaruga. Chiesi il bis, Renzo Arbore provò a giustificarmi»

Marisa Laurito racconta il pranzo fantozziano a casa di Gianni Agnelli

Nella sua autobiografia – “Una vita scapricciata” – Marisa Laurito racconta un pranzo a casa Agnelli, con l’Avvocato Gianni e Marella. Con lei Renzo Arbore, il produttore storico di Renzo, Ugo Porcelli, e Luciano De Crescenzo. Una scena che ricalca perfettamente i tratti della famosa cena di gala di Fantozzi e Filini a casa della contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare.

Il Fatto Quotidiano ne ha pubblicato un estratto molto divertente.

«Gianni Agnelli ci apparve: elegantissimo, seguito da tre cani husky dai “capelli” argentati e occhi azzurri uguali ai suoi. Le bestiole si lanciarono sui divani bianchi e affettuosamente su Arbore, passeggiando sulla moquette assieme all’Avvocato, senza sporcare niente. Tutti asciutti dal muso alle zampe. Non riuscii a trattenermi: “Un miracolo!”».

«Mentre stavamo per andare in camera da pranzo, un altro cameriere si avvicinò all’orecchio di Luciano sussurrandogli: “Ingegnere, vuole che il taxi la attenda per tutta la durata del déjeuner?”. Luciano,  saltando sulla sedia esclamò: “Ma che, site asciuto pazz’?”, e si precipitò a pagare il taxi».

«A tavola venni fatta sedere alla destra dell’Avvocato . E indovinate cosa servirono per antipasto e soprattutto chi servirono per prima? Me! Il cameriere mi depositò una deliziosa tazzina da caffè; guardai interrogativamente Arbore, che a sua volta mi gelò con lo sguardo. Certo, se mi fossi sentita libera, avrei detto cose tipo: “Il pranzo è finito? Siamo al caffè?”. Ma tacqui. “E mo’, che faccio con questa tazzina?” Mentre cercavo di capire cosa contenesse, l’avvocato Agnelli lentamente allungò il braccio, la prese per il manico e ne bevve un sorso. Lo imitammo tutti. Lui la ripoggiava sulla tavola e noi facevamo lo stesso. Era brodo ristretto. All’ultimo sorso, l’Avvocato fece due colpi di tosse: manco a dirlo, noi lo imitammo in coro, anzi, per eccesso di zelo, noi li facemmo molto più sonori e il cameriere andò a chiudere tutte le finestre. La tavola era apparecchiata con 180 bicchieri e 745 posate diverse. Seppi più tardi che il brodo in questione era di tartaruga. Non resistetti e chiesi: “Ne potrei avere un altro?”. Arbore guardò il soffitto e io cercai di giustificarmi: “No, perché era veramente poco… ”. Renzo roteò gli occhi ancora più indietro e temetti che gli prendessero le convulsioni. Imparai, durante quel pranzo, che a casa Agnelli si mangiava pochissimo: erano magri, ma saziarsi era impossibile».

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