Cormezz: a Gattuso il merito di aver rivisto le gerarchie
L’asticella si è di nuovo alzata in casa Napoli, e il cambio degli uomini ha sortito un effetto benefico sulla maturità della squadra. Il tempo del resto stringe, di fronte al broncio di chi sta fuori, è stato più utile girarsi dall’altra parte.
Monica Scozzafava, sul Corriere del Mezzogiorno, tesse l’elogio delle persone che sanno cambiare le proprie idee senza innamorarsene e in questa categoria fa rientrare il tecnico del Napoli Rino Gattuso che è stato in grado di rivedere le gerarchie della sua squadra non appena ha riavuto a disposizione l’organico al completo
L’asticella si è di nuovo alzata in casa Napoli, e il cambio degli uomini (anche quelli chiave) ha sortito un effetto benefico sulla maturità della squadra. Il tempo del resto stringe, di fronte al broncio di chi sta fuori, è stato più utile girarsi dall’altra parte.
Tanti i ruoli chiave in cui sono state sovvertite le gerarchie: Bakayoko-Demme, Osimhen-Mertens.
Le persone intelligenti cambiano idea, non si innamorano delle proprie convinzioni, scrive Monica Scozzafava sul Corriere del Mezzogiorno sottolineando che per Rino Gattuso rivedere le gerarchie è stato lo switch della stagione: “Il cambio degli uomini (anche quelli chiave) ha sortito un effetto benefico sulla maturità della squadra. Un esempio su tutti: l’uomo del centrocampo non è più Bakayoko, il giocatore da lui fortemente voluto a Napoli, ma Demme. Piccolo e tuttofare, il tedesco di nome Diego in ossequio a Maradona, ha scalzato posizioni sino ad imporsi sulla fisicità del più esperto francese arrivato dal Chelsea. La variabile nigeriana con Osimhen è invece la nuova strada, inaugurata definitivamente proprio a Genova contro la Samp, che probabilmente Gattuso batterà fino al termine della stagione per la rincorsa Champions. Ha visto e rivisto anche il ruolo di sotto punta: Mertens, il giocatore dai grandi colpi ma ancora non al top della condizione, ha lasciato il posto a Osimhen come centravanti e anche a Zielinski dietro di lui”.
L'incarico medio di un allenatore in Italia è di un anno e 27 giorni. La metà di quello di Liga, Bundesliga e Premier. E si "ricicciano" sempre gli stessi