Il direttore dell’unità di malattie infettive a Repubblica: «Sono 40 anni che lavoro per questo sistema sanitario e oggi lo vedo alle corde»
Ad un anno di distanza dall’inizio della pandemia di coronavirus la situazione negli ospedali italiani appare pressoché immutata come denuncia oggi a Repubblica Pierluigi Viale, direttore dell’unità di malattie infettive del Sant’Orsola di Bologna
«Qualche giorno fa, come sempre, ci siamo riuniti di buon mattino con i colleghi dell’ospedale. Un chirurgo si chiedeva: ho un solo posto, che faccio, opero un tumore al pancreas o uno al colon? Ecco, anche questo è il Covid. Ci mette di fronte a scelte che non fanno dormire la notte».
Secondo i dati forniti dall’Agenas (Agenzia per i servizi sanitari regionali) le terapie intensive italiane sono piene al 38% della capienza stringendo il sistema sanitario in una morsa pericolosa.
«Sono 40 anni che lavoro per questo sistema sanitario, credendoci fino in fondo. Oggi lo vedo alle corde e ho un po’ paura».
Il problema infatti non è solo il covid, ma tutta una serie di malati e patologie che restano indietro a causa dei ricoveri dei positivi e delle chiusure dei reparti per i focolai.
I numeri oggi parlano di meno anziani ricoverati, ma più giovani spesso con un quadro clinico grave, segno che le misure restrittive vengono seguite a dovere
«L’abitudine alla paura ci ha fatto abbassare la guardia, come spesso avviene negli esseri umani proprio nelle situazioni più critiche»