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Marco Messeri: «Accettai di girare ‘Ricomincio da tre’ in cambio di un televisore a colori»

A Repubblica Firenze: «Eduardo De Filippo volle conoscere Massimo Troisi e lo invitò nella sua isoletta. Riconobbe in lui l’analista, colui che scandagliava con una parola l’idea, era pigro ma con il cervello sempre in moto» 

Marco Messeri: «Accettai di girare ‘Ricomincio da tre’ in cambio di un televisore a colori»

Repubblica Firenze intervista Marco Messeri. Ha lavorato in diversi film di Massimo Troisi, tra cui “Ricomincio da tre”. Quest’anno la pellicola compie 40 anni.

«Firenze è la città d’arte per eccellenza e Massimo l’ha restituita al pubblico con la potenza di un comico che racconta in maniera affascinante un luogo visto e rivisto».

In “Ricomincio da tre” Messeri ha interpretato il ruolo del “matto” curato nel centro di igiene mentale dove Gaetano (Troisi) incontra l’amore. Racconta:

«Massimo aveva le idee chiare sul tipo di umorismo da usare. Lo abbiamo realizzato in una mattinata di riprese e andò subito bene».

Marco e Massimo si erano conosciuti negli anni Settanta nei teatri romani. Furono chiamati entrambi per lavorare nel programma Rai “Non Stop”, in onda dal 1977 al 1979.

«A Torino io e La Smorfia avevamo i camerini vicini. Ricordo le nostre cene e quella volta che Lello Arena si arrabbiò molto perché il proprietario di un locale ci tirò un bidone. Insieme abbiamo vissuto molte avventure e anche qualche flop. Massimo era molto gentile e in uno spettacolo mi fece da spalla in un mio monologo. Interpretavo un matto che stava su una sedia. Quando mi fece la proposta di partecipare al suo primo film non aveva molti fondi per girare e io lo ricambiai gratis. Così dissi alla produzione: se il film va bene mi regalate un televisore a colori. E il tv color arrivò».

Dopo il successo del film, Messeri lavorò ancora con Troisi in “Pensavo fosse amore… invece era un calesse” e “Le vie del Signore sono finite”.

«Quando vado a Napoli mi sento a casa. Io sono mezzo livornese e Livorno è un po’ la Napoli della Toscana, per questo sono sensibile sul mare e sul mondo che anima Napoli. Poi io avevo un mito sul teatro napoletano. Eduardo De Filippo volle conoscere Massimo Troisi e lo invitò nella sua isoletta (Scoglio Isca ndr). Eduardo riconobbe in lui l’analista, colui che scandagliava con una parola l’idea, da pigro qual era aveva comunque il cervello sempre in moto. Massimo tornò da quell’incontro gonfio di gratitudine».

E continua:

«La nostra è stata un’amicizia profonda. L’ho sognato l’altra notte. Penso che in ognuno di noi ci siano quattro persone e tutti facciamo sogni meravigliosi, dipinti bene, con dei bei colori. I sogni non sono mai cialtronate. Oggi, con la pandemia in corso, dalla mia appartata dimora sui colli fiorentini, sto scrivendo e pensando a un lavoro teatrale. La mia vita quassù cambia poco. Penso spesso a Massimo e so che avrebbe trovato delle chiavi meravigliose per sorridere anche dei vaccini e della situazione che stiamo vivendo».

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