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Che avrà mai questo calcio di Gattuso che ha bisogno di settimane per essere capito?

Gioca ogni tre giorni Guardiola, gioca ogni tre giorni Gasperini. Ma il calcio di Rino è più complesso, necessita di approfondimenti

Che avrà mai questo calcio di Gattuso che ha bisogno di settimane per essere capito?

“I miei concetti” sono un po’ le sue prigioni. Una definizione vaga ma puntuale, che Gattuso spiegherebbe molto volentieri a reti unificate se solo avesse più di tre giorni per farlo. Scusate, eh, ho una partita da preparare, il cancellino da passare sulla lavagna, Maksimovic che vive ormai in sala video e non mangia per imparare la costruzione dal basso. “I miei concetti”, cioè quelli di Gattuso, non possono svilirsi in questa Scuola Radio Elettra che sono diventati gli allenamenti oggigiorno: come “si insegna calcio” con tre partite alla settimana? Per corrispondenza? In contumacia? Alcuni, quando ancora si era al liceo e si poneva fiducia nei mezzucci, provavano ad addormentarsi con gli auricolari nelle orecchie sperando che la lezione di Storia finisse mandata a memoria per magia: il subconscio che lavora per noi, che sogno. Hai visto mai che.

Dunque diamo per assodato che Gattuso abbia un suo calcio, “i miei concetti”. Un’autocertificazione. Lo dice e lo ripete ad ogni microfono che gli piazzano davanti. L’ha detto prima del Granada, e l’ha ripetuto – appunto – fresco di eliminazione. Testuale:

Giocare con i nostri concetti se non li alleni ogni giorno fai fatica. Se vuoi giocare con una linea di reparto, palleggiare e altro, devi lavorarci e negli ultimi tre-quattro mesi l’abbiamo fatto poco. Gli errori vengono perché ci alleniamo giocando, li vediamo solo in sala video”.

I “miei concetti”, che talvolta sono i “nostri” concetti – dipende dal grado di vittimismo applicato – sono tipo l’Analisi 2 del calciatore sempre sotto esame. Un’enciclopedia teorica di nozioni, passaggi logici, processi funzionali, idee, che non si improvvisa.

Fai presto ad eccepire che tutte le squadre che hanno ancora le coppe in ballo, quest’anno, giocano ogni tre giorni. Mica Gasperini ha i concetti di Gattuso, mica Guardiola applica il playbook di Gattuso per inventarsi il ruolo-fantasma di Cancelo che ha fatto decollare il City. Ci avrà i suoi, di concetti. Quelli di Gattuso non sono arronzabili. Evidentemente.

Bisogna essere cattivi come Galeone – vecchi, antiquati, passatisti – per prendere male questo protagonismo tattico:

«Ma quale mio calcio? Si è mai sentito un maestro vero come Liedholm dire il mio calcio?».

Noi, più che altro, ci chiediamo, per curiosità giornalistica nemmeno troppo spiccata (Gattuso è a Castelvolturno da più di un anno, dove sono i finiti i reporter cani da guardia del potere?), in cosa consistano “i miei concetti”. Alfonso Fasano ha passato l’ultimo anno del Napolista a studiare la tattica del Napoli, partita dopo partita, cercando nei dati e negli schemi un filo logico, un’identità. Un “pattern”. Uniti i puntini, alla fine, è uscito uno sgorbio. E Fasano ha chiosato:

«il Napoli non ha obiettivi tattici, quindi non ha idee, a parte quella di costruire l’azione dal basso»

Gattuso fin dalle premesse di quest’avventura – che, ricordiamo, nasce dalle ceneri di Ancelotti, con tutto il portato di critiche alla sua tattica troppo “liquida” – ha provato a scrollarsi di dosso le referenze da bulldog, da motivatore aspro, la nomea che lo perseguita suo – finto – malgrado. L’ambizione dell’uomo era evidente e giustificata, dimostrare al mondo che oltre i muscoli c’è di più. Gli schemi, il bel gioco, proposte innovative. La redenzione del cazzuto. Qui ne cogliemmo persino la tenerezza di fondo. Hai il Napoli per le mani, il Presidente ti presenta come il messia che riporterà la luce del Sarrismo su queste lande desolate ed è comprensibile che tu colga la grande occasione.

Il credito infinito che tutti gli hanno concesso fino a ieri – basta ascoltare il pre-Granada su Sky di ieri per farsi un’idea dell’universo parallelo che abitano certi commenti – nasce da questo cortocircuito del tutto illogico: autoproclamarsi professore d’una tattica così impegnativa da non poterla applicare al calendario standard di una squadra europea. Per farla facilissima: se “i miei concetti” non sono trasmissibili con partite ogni tre giorni, allora molto semplicemente non sono adatti al Napoli. Vanno bene per il Crotone, per lo Spezia, per società che non hanno la qualificazione Champions (una volta era lo scudetto, ve li ricordate i bei vecchi tempi?) come obiettivo principale. Non foss’altro perché se ti va bene e per la Champions ti qualifichi, poi ti tocca giocarla. E siamo punto daccapo. È un cane che si morde la coda, in loop.

A meno che il piano – ci siamo già spinti troppo oltre – non fosse garantirsi un anno sabbatico fuori dalle coppe, utile all’apprendistato di siffatta arzigogolata teoria tattica, per poi farsi trovare pronti al prossimo appello. Allora sì! Forse è per questo che De Laurentiis traccheggia magnanimo. Vuole darci – a tutti – un’opportunità: a Gattuso di insegnare il suo calcio, ai giocatori di capirlo e impararlo, a noi di godercelo finalmente. Non bastano mica tre giorni.

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