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Il caso Brozovic-Vida è l’ultima conferma della cecità del calcio sul virus

POSTA NAPOLISTA – Il protocollo fa acqua da tutte le parti. Il calcio non regge anche e soprattutto per l’incapacità dei vertici a fare i conti con la realtà

Il caso Brozovic-Vida è l’ultima conferma della cecità del calcio sul virus
(foto Hermann)

Quanto accaduto al calciatore croato Marcelo Brozovic, risultato positivo al Sars-CoV-2 dopo essere entrato in contatto, in Nazionale, col difensore Vida che a sua volta è stato regolarmente mandato in campo contro la Turchia salvo poi essere sostituito nell’intervallo in quanto solo a gara in corso si è venuto a conoscenza della sua positiva al tampone effettuato il giorno precedente, è solo l’ennesima conferma che il famoso/famigerato protocollo Fifa/Uefa/Figc/Lega Serie A fa acqua da tutti le parti e non è più sostenibile.

 

Cosa altro deve accadere per far capire ai “Signori del Pallone” che questa farsa va fermata, prima che sia troppo tardi?

In realtà questa stagione calcistica non doveva proprio cominciare o, quanto meno, considerata l’eccezionalità e la gravità del momento, bisognava studiare formule alternative a quelle tradizionali. Bastava, ad esempio, fare come in Cina e, in via del tutto eccezionale, organizzare campionati nazionali suddivisi in gironi; in tal caso, ipotizzando per l’Italia due gironi da dieci squadre, si sarebbero disputate, tra andata e ritorno, 18 gare per girone e giocando due volte a settimana, la fase a gironi sarebbe terminata in nove settimane. Così facendo le squadre potevano essere messe in “bolla” per due mesi, al termine dei quali veniva concesso un periodo di riposo ai calciatori (che avrebbero così potuto ricongiungersi con i loro familiari) per poi entrare di nuovo in bolla per disputare i play-off e i play-out. Numeri alla mano in quattro mesi (compreso il periodo di riposo concesso al termine della prima fase) si sarebbero conclusi tutti i campionati nazionali, al termine dei quali sarebbero iniziate le Coppe Europee, con la creazione di una nuova bolla.

Questo era l’unico modo possibile per isolare le squadre e condurre la stagione a termine senza sottoporre le stesse a continui spostamenti, evitando così ogni possibilità di contagio, contagi che invece sono all’ordine del giorno e stanno di fatto compromettendo la stessa regolarità dei tornei.

A questo punto, preso atto dell’egoismo nonché dell’incapacità dei vertici calcistici a gestire una situazione emergenziale come quella che stiamo vivendo, dalla serie “Chi è causa del suo mal pianga se stesso“, non ci resta altro che “augurarci” che l’intero sistema collassi quanto prima (sia Marotta che Galliani hanno dichiarato che il calcio italiano rischia il default…), che un tot di squadre falliscano e/o vengano penalizzate perché non possono più permettersi di pagare stipendi che hanno raggiunto cifre fuori da ogni logica, che le televisioni non abbiano soldi sufficienti a onorare i loro impegni e che venga così posta la parola fine a questa enorme farsa… Solo fallendo il calcio potrà rinascere!

E non ci vengano a raccontare la solita solfa che se si ferma il calcio vanno per strada milioni di famiglie, dal momento che il calcio dilettantistico è ormai già fermo e che, con le gare a porte chiuse, tutti quelli che lavorano e vivono attorno al calcio (bigliettai, baristi, steward, ambulanti fuori allo stadio, ristoratori, venditori di scarpette e gadget, etc) già non stanno lavorando da tempo. Ormai quello che sta andando avanti è solo un “circo” per il divertimento di pochi; del resto i governi di tutto il mondo hanno più volte ribadito che va fermato tutto ciò che è superfluo e, piaccia o no, questo calcio così egoista e strafottente non è affatto una priorità.
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