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La scuola è la Caporetto di De Luca

Nelle scorse settimane le difficoltà e l’avvitamento di De Luca hanno cominciato ad essere evidenti. La chiusura della scuola è la Caporetto sua e del suo metodo autoreferenziale di governo

La scuola è la Caporetto di De Luca

Dopo la decisione di chiudere le scuole di ogni ordine e grado fino al 30 ottobre si sono scatenate reazioni indignate da parte della cittadinanza (sui social e non solo) e dello stesso Governo, per bocca della ministra Azzolini.

Il taumaturgo De Luca sembra, dunque, aver perso il tocco magico, quello che nei giorni del lockdown di marzo e aprile gli aveva fatto guadagnare popolarità (sfociata in un clamoroso 70% alle elezioni), titoli dei giornali, parodie, meme e persino una citazione da parte di Naomi Campbell.

Eppure il metodo ed il contenuto di quest’ultima decisione non sono diversi da quelli che aveva adottato in quel periodo.

Divieti a raffica, senza comunicare ragioni e strategie

In Campania sono stati imposti divieti tra i più disparati, dal delivery del cibo alle passeggiate, dallo jogging alle pastiere, passando per i limiti ai negozi di abbigliamento per bambini e il divieto di vendere alcolici. Il tutto condito da pubbliche gogne, ora per i runner, ora per i cinghialoni, ora per i laureandi.

Quest’orgia decisionista e regolatrice è stata accompagnata dalla retorica dell’uomo solo che fronteggia la pandemia, che insegna alle altre regioni come si fa (rammentiamo gli sberleffi a Fontana e Sala, ma anche a Zingaretti che andava a brindare), che si vanta di aver anticipato decisioni che sarebbero state prese successivamente dal Governo (ma non è accaduto sempre) e che considera i campani ed i napoletani in particolare incapaci di osservare le regole che valevano su tutto il territorio nazionale.

Le frasi di De Luca e quelle di chi è famoso per i propri pregiudizi contro i campani erano praticamente uguali e sono state incredibilmente assorbite, senza battere ciglio, dalla maggior parte della popolazione: “per i napoletani ci vuole l’esercito“, altrimenti, ça va sans dire, è tutto un fiorire di assembramenti, pizze e putipù.

Per chi osava chiedere spiegazioni, rimarcare l’illogicità di alcune decisioni, contestare il metodo e l’autoreferenzialità dell’ex sindaco di Salerno, sono piovuti insulti e sberleffi. Ci hanno chiamati “costituzionalisti per lo jogging“, “uccelli del malaugurio” e via discorrendo.

I numeri ignorati

Eppure i numeri della primavera parlavano chiaro: il virus al sud Italia non è arrivato quasi. I dati di Campania, Calabria, Puglia, Basilicata e Sicilia sono praticamente identici. Senza minacciare lanciafiamme e senza imporre divieti illogici, le altre regioni meridionali hanno avuto la stessa percentuale di diffusione del virus. Sarebbe dovuto bastare per capire che dietro la retorica del Presidente antivirus, in realtà, c’era ben poco di concreto. Così non è stato. De Luca, visto anche il poderoso risultato elettorale, si è sentito rafforzato nelle sue convinzioni e ha proceduto con passo sempre più deciso e miope.

L’uomo solo non è una buona idea

La Campania è venuta fuori, grazie ad una cura da cavallo, dal commissariamento della sanità. Il Commissario è stato De Luca, il quale, una volta ottenuta la fine del regime straordinario, ha di fatto deciso di continuare ad esercitare le proprie prerogative.

Unica regione in Italia, la Campania non ha un assessore alla sanità e, dalle ultime elezioni, nemmeno uno ai trasporti. De Luca ha mantenuto per sé le deleghe, non si fida di nessuno, non si affida a nessuno.

Che un uomo solo possa gestire, in quello che è forse il momento più difficile per la nostra Repubblica dal dopoguerra ad oggi, completamente da solo l’emergenza Covid, le problematiche ordinarie della sanità e la clamorosa ed annosa questione trasporti è oggettivamente impossibile. Che la terza regione italiana, sede di sei atenei, non sia in grado di esprimere personalità in grado di mettere le proprie conoscenze al servizio dello Stato è da escludere. La scelta di De Luca appare, quindi, ancora una volta incomprensibile e denota forse un’attitudine al comando tanto spiccata quanto è carente quella a governare.

Tamponi e tracciamento

Tutte le carenze strutturali, con l’aumento del contagio, hanno cominciato a venire a galla. Innanzitutto le tanto decantate misure per aumentare i posti letto e le terapie intensive si sono dimostrate inesistenti. Dai bollettini diffusi negli ultimi giorni risulta che i posti letto in terapia intensiva nell’intera regione sono 110. Esattamente come all’inizio dell’emergenza epidemiologica. Ogni tanto De Luca ci racconta di fase A, B, C e D, di posti pronti ad essere raddoppiati, triplicati… a chi chiedeva conto dello stato dei Covid Hospital, a maggio, rispondeva così: “Puntiamo ad avere 800 posti letto di terapia intensiva. In Campania qualche imbecille ha fatto questa osservazione, ha detto che abbiamo realizzato posti di terapia intensiva ma non sono occupati. Chiediamo scusa al virus se non gli abbiamo fatto compagnia. Puntiamo ad avere 800 posti letto, ma siamo a 110, di cui quasi 70 occupati. Forse si trattava di un piano quinquennale, ma ho il sospetto che non lo sapremo mai.

Nel frattempo la Campania mostrava anche tutte le sue difficoltà nell’effettuare un numero congruo di tamponi. De Luca sul punto è stato particolarmente ondivago. Ad aprile diceva che in giro c’era la “tamponite” e che non c’era motivo di lamentarsi, a marzo, però, diceva di aver ordinato un milione di tamponi, sempre ad aprile denunciava la carenza di reagenti, a settembre imponeva i tamponi obbligatori a chi rientrava dall’estero, nei giorni scorsi il direttore dell’Asl Napoli 1 ha invece dichiarato che i tamponi verranno fatti solo su segnalazione dei medici di base. Nel frattempo, fino a qualche giorno fa, nonostante le evidenti carenze delle strutture pubbliche, ai privati era interdetta la possibilità di effettuare i tamponi. Il motivo? Non è dato saperlo.

Le avvisaglie c’erano state

Nelle scorse settimane le difficoltà e l’avvitamento di De Luca hanno cominciato ad essere evidenti. Da una parte il contagio in Campania è aumentato, come e più delle altre regioni italiane e dare la colpa ai vacanzieri, a ottobre inoltrato, è parsa una scusa impraticabile. Dall’altra le misure introdotte con le immancabili ordinanze (siamo ben oltre la soglia dei 100 provvedimenti presidenziali) hanno cominciato a scontrarsi con la realtà di una regione stremata e di settori economici oramai alle corde. Così, ad esempio, l’ordinanza che vietava i ricevimenti è stata introdotta e revocata nel giro di 24 ore, segno non solo di un provvedimento affrettato ed incongruo, ma anche della mancanza di confronto con le realtà che operano nel settore.

La Caporetto della Scuola

L’ultima, contestatissima, decisione, ha coinvolto la scuola. Visto l’aumento dei contagi e, soprattutto, vista la situazione disastrosa del trasporto pubblico, De Luca ha stabilito la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado.

Personalmente ero sicuro che sarebbe arrivato a questa decisione che considero sbagliata, nel merito, nel metodo e nei tempi.

Innanzitutto, mi chiedo quali misure preventive siano state prese per evitare che si giungesse a tenere i ragazzi a casa. Mantenere la scuola aperta era stata individuata dal Governo e dal Paese tutto come una delle priorità quando sarebbe arrivata la seconda ondata del contagio.

Cosa abbiamo fatto in Campania? Quali precauzioni sono state prese per evitare il sovraffollamento dei mezzi pubblici?

Da cittadino ho assistito alla ripresa delle attività scolastiche e lavorative nelle stesse, identiche, penose condizioni in cui eravamo tre, sei e nove mesi fa. Non c’era modo di aumentare i mezzi ed i vagoni delle metro (ma è poi vero? Nemmeno quelli della linea 2 della metro sulla quale viaggiano i treni delle FF.SS.?), d’accordo. Ma esistevano altri metodi. Scaglionamento degli orari di ingresso in uffici, scuole, fabbriche, ad esempio. Ma si poteva anche pensare di coinvolgere i privati, che hanno migliaia di autobus turistici fermi e centinaia di autisti in cassa integrazione, nel trasporto scolastico. Probabilmente esistevano anche altre soluzioni, che a noi cittadini non vengono in mente perché non è il nostro mestiere. Di sicuro sappiamo che niente è stato pensato, provato, organizzato, preventivato.

Inoltre, la situazione dei contagi è uguale in tutto il territorio regionale? Da quello che è dato sapere (perché di fondo c’è anche un problema di trasparenza, i dati non vengono forniti o vengono forniti ad usum delphini), c’è stato un incremento dei contagi nelle scuole a Napoli, Caserta e Salerno. Ma in Campania ci sono anche Benevento ed Avellino, i cui studenti ora stanno a casa senza che ci sia una spiegazione.

Ancora: se la chiusura della scuola serve a decongestionare i mezzi pubblici, che senso ha chiudere elementari e scuole dell’infanzia, che sono scuole di prossimità dove il 99% dei ragazzi viene accompagnato dai genitori a piedi o, al massimo, con mezzi privati?

E per finire: può un provvedimento del genere, che riguarda centinaia di migliaia di cittadini, che influisce sulla loro organizzazione di vita e di lavoro, essere preso e comunicato alle 6 del pomeriggio con validità dalla mattina successiva? Anche da queste modalità emerge la totale autoreferenzialità del Presidente, gli viene in mente una cosa e la fa, senza curarsi dell’impatto devastante che ha sui propri corregionali. Risultato? Stamane migliaia di bambini sono stati accompagnati a casa dei nonni: la cosa più pericolosa che si potesse immaginare. È persino superfluo spiegare il perché.

Come si andrà avanti?

I ritardi e la carenza (per non dire nullità) di programmazione sono sotto gli occhi di tutti. La Campania non è in grado di reggere l’ordinario svolgimento delle attività economiche e della scuola e, contemporaneamente, di limitare il contagio. Non tracciamo, non testiamo, non abbiamo posti letto e personale a sufficienza.

Nonostante il lavoro e la dedizione di migliaia di medici, infermieri, volontari della protezione civile, nonostante l’impegno innegabile delle scuole e, nella stragrande maggioranza dei casi, degli esercenti e dei ristoratori, il contagio è destinato ad aumentare e per fermarlo c’è sempre e solo la stessa soluzione: chiudere.

De Luca, che non ha fatto nessun miracolo, che non ha bacchette magiche e nessuna particolare lungimiranza, ne è perfettamente consapevole e proseguirà su questa strada. Nei prossimi giorni fioccheranno ancora ordinanze e si chiuderanno, via via, altre attività. Forse verrà imposto il coprifuoco ad un certo orario, misura particolarmente drastica e, perciò, gradita al Presidente.

Non verranno nominati gli assessori alla sanità ed al trasporto, in un momento in cui ne abbiamo un disperato bisogno. Insomma, non cambierà nulla rispetto agli ultimi mesi, con la sola differenza che, forse, in questo momento ci si rende conto della improvvisazione con la quale De Luca sta gestendo l’emergenza dal primo giorno. Il lockdown nazionale di marzo ci aveva salvato dalla diffusione del virus e qui, prendendo lucciole per lanterne, si è dato credito alla favola del re taumaturgo con il lanciafiamme.  Qualcuno avverta Zingaretti, che lo difende: la comunità campana non si difende in questo modo. C’è bisogno di inclusione, collaborazione, partecipazione, non di diktat improvvisati. C’è bisogno della politica, dell’arte di governare e c’è bisogno anche della classe dirigente campana, che esiste e va coinvolta.

EDIT: mentre scrivevo, De Luca ha confermato appieno tutto quello di cui si parlava

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