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Gli anni più bui della Ferrari (hanno coinciso spesso con modifiche al regolamento)

Maranello non vince il mondiale piloti dal 2007 e ne ha persi tanti sul filo di lana. La Rossa ha vinto soprattutto quando è stata nettamente superiore

Gli anni più bui della Ferrari (hanno coinciso spesso con modifiche al regolamento)

Tratto da ilcabezon.blogspot.com

Il Gran Premio di Monza è il momento della stagione che storicamente meglio si presta ai bilanci dell’annata della Ferrari in Formula Uno. Il weekend brianzolo in passato ha spesso rappresentato  il momento più alto dell’annata ferrarista. Sono state infatti tre le stagioni in cui il titolo piloti è stato conquistato dalla Ferrari proprio a Monza (anche se purtroppo una volta, nel 1961, con risvolti tragici per la morte di Von Trips), ed in altre cinque occasioni la Ferrari è arrivata a Monza con il campionato del mondo piloti già conquistato.

Scheckter campione del mondo insieme a Villeneuve sul podio di Monza 1979 (credit www.motorinews24.com).

La stagione 2020 purtroppo si presenta come una delle più complicate nella storia della scuderia di Maranello, a distanza di 40 anni esatti dalla peggiore stagione ferrarista in assoluto dal punto di vista dei risultati sportivi.

Ma se la stagione 1980 è stata quella in cui la Rossa di Maranello non ha raccolto alcun podio, ma appena 8 punti (frutto di cinque piazzamenti minori in 14 Gran Premi), ce ne sono state altre altrettanto fallimentari. Basterebbe tornare indietro di appena sette anni da quel 1980 per ritrovare una stagione senza vittorie e senza podi. Oppure tornare ancora un po’ più indietro per un’altra stagione povera di risultati (il campionato 1969, undici anni prima di quel 1980,  finì con appena un secondo ed un terzo posto). Oppure, se volete, andate avanti di undici anni dal 1980, visto che nel 1991 iniziò un triennio senza vittorie. Perché stranamente i successi e gli insuccessi della Ferrari sembrano avere una ciclicità.

E se dal 1994 in poi la Ferrari riuscì pian pianino a galleggiare, fino a tornare a lottare per il mondiale e vincerne poi ben sei in 8 anni, il fantasma del fallimento si ripresentò vivo e vegeto nel 2009, con l’incapacità assoluta (da questo punto di vista comune a tanti team) di recepire al meglio le novità regolamentari, cosa che fece alla grandissima la Brawn GP, gestita da colui che fu il “deus ex machina” della Ferrari tra il 1996 e il 2006. L’annata della Rossa si concluse comunque con un Gran Premio vinto, ma con la discesa dal podio del campionato costruttori dopo ben 15 stagioni consecutive ai primi tre posti e otto campionati costruttori conquistati, oltre ai sei vinti dai piloti di Maranello.

E ora, guarda caso, 11 anni dopo quel 2009, si ripropone lo spettro del disastro Ferrari.

Quasi sempre questi annate fallimentari hanno avuto in comune l’arrivo o l’approssimarsi di cambi regolamentari. A volte ciò ha causato una certa lentezza nello sviluppo e nel recepire le novità regolamentari. Altre volte c’è stata indecisione sulla tipologia di vettura da sviluppare. Altre volte, in passato, la casa di Maranello era impegnata su più fronti sportivi e non dedicò il meglio delle sue forze allo sviluppo delle vetture di Formula Uno.

Ma andiamo per gradi e in ordine cronologico per descrivere le annate più nere (sportivamente, s’intende).

1962: la Ferrari 156 F1, campione del mondo con Phil Hill nel 1961, non fu ulteriormente sviluppata né migliorata. Questo soprattutto per l’addio dell’ing. Chiti e di altri tecnici dell’anno precedente. La stagione si concluse senza vittorie, ma con 8 podi. La scuderia di Maranello, campione uscente, terminò appena sesta nella classifica costruttori.

1969: la Ferrari 312 F1 era stata progettata per il mondiale 1966 ed aveva già corso tra il 1966 e il 1968, ottenendo tre vittorie in tre anni ed un secondo posto nella classifica costruttori nel 1966. Era ormai una vettura non più competitiva, ma a Maranello la maggior parte dell’attenzione era stata dedicata al rientro nell’International Championship for Makes (Campionato del mondo sport prototipi). Come riportato dal sito web Circusf1.com ”…Inoltre Il motore delle Ferrari 312 (1966-1969) fu frutto di “improvvisazione”. La Ferrari, infatti, all’alba della introduzione delle unità aspirate di 3000 cc (1966), non aveva un motore pronto…” Durante la stagione lo sviluppo della vettura fu interrotto per concentrarsi meglio sulla vettura successiva, la Ferrari 312B. La stagione si chiuse con il quinto posto nella classifica costruttori e appena 7 punti conquistati in undici Gran Premi.

1980: la Ferrari 312 T5 fu l’erede della 312 T4 campione del mondo 1979. Mantenne il motore aspirato da 3 litri, ma lo sviluppo della vettura fu abbandonato per dedicarsi con tutte le forze alla progettazione e lo sviluppo della vettura dell’anno successivo, dotata di motore turbo-compresso. Il motore “piatto” della Ferrari 312 T5 era poco adatto ad una vettura che volesse sviluppare pieno effetto suolo. In tutto ciò le motivazioni del campione del mondo Jody Scheckter erano al lumicino. Non a caso il pilota sudafricano si sarebbe ritirato proprio al termine di quella stagione. Nella foto il commento a termine stagione dell’allora direttore di Autosprint, il compianto Marcello Sabbatini, pubblicato sulla rivista di fine anno 1980.

Triennio 1991-1993: la Ferrari 642 F1 era nata come sviluppo della 641 che aveva sfiorato il titolo mondiale con Alain Prost nel 1990. Ma nel frattempo le altre scuderie avevano sviluppato le loro vetture con concetti molto più innovativi rispetto alle poche modifiche (negative per molti aspetti) studiate dalla Ferrari. La 642 parve obsoleta rispetto alla concorrenza, tanto che, a campionato in corso, fu sostituita dalla 643, che però pativa problemi di telaio e sospensioni. La nuova vettura riuscì a conquistare sei podi in dieci gare, contro i due in sei gare della 642. La stagione 1991 si concluse senza vittorie.

Nel 1992 la Ferrari presentò la F92A come una vettura innovativa ed estrema. Come riportato dal sito web Formula Passion, “… Il progettista francese Migeot, un ingegnere aeronautico, aveva pensato la sua prima Ferrari con linee che ricordavano da vicino quelle di un moderno velivolo. Per tale motivo, la stampa specializzata iniziò a chiamare la monoposto di Maranello con l’appellativo di “caccia”. L’innovativo aspetto telaistico doveva costituire il punto di forza di questa monoposto, ma purtroppo né decretò implicitamente il fallimento…” La stagione si concluse senza vittorie e con appena due podi.

La vettura del 1993, la F93A, soffrì invece di scarsa affidabilità. Come descritto dal sito web Formula Passion, la Ferrari cercò la carta disperata di un pool di ingegneri formato da John Barnard, riassunto dal Cavallino dopo la precedente esperienza di qualche anno prima, Harvey Postlethwaite, George Rayton e Claudio Lombardi. Fu la prima Rossa dotata del sistema di sospensioni a controllo elettronico che aveva fatto la fortuna della super Williams iridata con Mansell nella stagione precedente. Forse non fu possibile recuperare il ritardo accumulato rispetto a scuderie che erano molto più avanti nello sviluppo delle innovazioni tecnologiche applicate alle vetture di Formula Uno. Anche la stagione 1993 si concluse senza vittorie, e con soli 3 podi.

2009: la Ferrari F60 fu progettata e sviluppata a fronte delle modifiche regolamentari in vigore da quella stagione. La Brawn GP BGP 001 dominò la stagione anche grazie all’utilizzo di alcune “zone grigie” del nuovo regolamento, cosa che la mise in una condizione di predominio durante tutta la stagione. Fu soprattutto l’inizio di stagione a destare scalpore, tanto che i termini “crisi” e “disastro”erano diventati di pubblico dominio, come ad esempio in questo articolo sul Blog di V. Borgomeo su “La Repubblica.it”. La stagione si concluse con una vittoria e 5 podi, e il quarto posto nel campionato costruttori.

Sono passati 11 anni da allora, e la Ferrari non vince un mondiale piloti dal 2007 ed un campionato costruttori dal 2008. Il quadriennio che seguì la stagione 2009 si chiuse con profondi cambiamenti organizzativi, che sono iniziati nel 2014 e sono proseguiti negli anni a seguire. La Ferrari non ha mai smesso di essere realmente competitiva, dal 2010 fino allo scorso anno. Questa stagione, che si presenta negativa come poche, avrà modo di essere analizzata a fine 2020.

Ma c’è un altro storico problema che la Ferrari dovrebbe prima o poi analizzare, nonostante abbia vinto tantissimo: i troppi mondiali persi per un pelo, sfuggiti principalmente nelle seconde parti delle varie stagioni, soprattutto se contrapposti ai pochissimi titoli vinti in rimonta o sul filo di lana.

Essi denotano una sindrome da braccino del tennista nella fasi decisive dei campionati. O forse si tratta solo di difficoltà nel gestire la tensione delle gare decisive quando non si ha un vantaggio rassicurante.

I numeri ci dicono infatti che, dal 1974 in poi, sulle 22 volte in cui la Ferrari conduceva il mondiale piloti o era in piena lotta dalla metà campionato in avanti, è riuscita a portare a casa il titolo solo in 9 occasioni, appena il 41%.

Spesso subendo rimonte, oppure sconfitte brucianti all’ultimo Gran Premio oppure crollando completamente nelle seconde parti delle stagioni. In alcuni casi si è trattata di pura sfortuna (l’incidente di Lauda nel 1976), ma tra cattiva gestione, crolli di prestazione e crolli psicologici, alcuni piloti che avrebbero certamente meritato il mondiale hanno finito la loro esperienza in Ferrari senza conquistare alcun titolo con la Rossa. Regazzoni, Alboreto, Prost, Alonso, Vettel, e persino piloti partiti quali comprimari, come Irvine e Massa, ci sono arrivati molto vicino. Tutti in testa al campionato o vicinissimi al leader fino a pochi Gran Premi dal termine. Tutti battuti nel finale di stagione, Alonso e Vettel addirittura per due volte. Ma persino Schumacher, 5 volte campione del mondo in Ferrari, poteva vincere altri titoli, visto che in altre tre occasioni ci è arrivato vicinissimo.

Dei 9 titoli mondiali piloti vinti negli ultimi 45 anni, appena due sono stati vinti in rimonta. Altri 6 sono stati dei KO prima del limite, tutti acquisiti in anticipo, addirittura nel 2002 Schumacher si laureò campione del mondo con 6 Gran Premi ancora da correre.

Nel 2003 invece il braccino corto stava per provocare un disastro sportivo, con Schumacher che nell’ultima gara partì quattordicesimo e vinse il mondiale grazie ad uno stiracchiatissimo ottavo posto e alla vittoria del suo compagno di squadra Barrichello, che impedì a Raikkonen di completare un’incredibile rimonta.

Quel Raikkonen che alla guida di una Ferrari riuscì quattro anni dopo a compiere l’unica vera rimonta nella storia recente della Rossa, andando a vincere il mondiale 2007 con due vittorie nelle ultime due gare, recuperando così ben 17 punti a Lewis Hamilton che era quasi certo del titolo (la vittoria allora valeva 10 punti). Questa impresa, insieme forse a quella di Schumacher del 2000 (quando il tedesco infilò 4 vittorie consecutive negli ultimi 4 Gran Premi, staccando Hakkinen che aveva lottato testa a testa con il ferrarista fino a tre gare dalla fine), resta la vera anomalia statistica nella storia recente della Ferrari.

Eccezione che conferma l’esistenza di una sorta di comfort zone della Ferrari. Ovvero, il mondiale si vince soprattutto facendo una grandissima prima parte di campionato e accumulando vantaggi rassicuranti per il finale di campionato. Magari chiudendo il campionato prima delle ultime gare.

Per chiudere ecco in basso alcuni dettagli statistici riguardanti la Ferrari:

  • Mondiali piloti vinti: 14 su 70 (20%), 15 (21,4%) se si include il mondiale 1956 vinto da Fangio su Lancia-Ferrari.
  • Campionati costruttori vinti (Trofeo istituito nel 1958): 16 su 62 (25,8%)
  • La Ferrari è arrivata 19 volte seconda e 11 volte terza nel campionato costruttori, per un totale di 46 volte sul podio (74,2%). Il peggior piazzamento nella classifica costruttori è stato ottenuto nel 1980, decimo posto su 11 scuderie arrivate a punti. Altri 4 team gareggiarono in quella stagione senza ottenere alcun punto.
  • Le stagioni con più vittorie sono cadute negli anni 2002 e 2004, con 15 vittorie cadauna. L’anno con più podi è stato il 2004, con 29 podi. Se raffrontiamo questi dati con il numero di Gran Premi nella stagione, le due stagioni con le percentuali più alte di vittorie sono state invece la 2002 e la 1952, rispettivamente con l’88,2% e l’87,5% dei Gran Premi vinti.
  • La stagione 1952 è anche quella con la più alta percentuale di podi, 15 in 8 Gran Premi (62,5%).
  • Le peggiori stagioni a livello di podi sono state la 1973 e la 1980. Zero podi.
  • Le stagioni senza vittorie sono state invece 14 (1950, 1957, 1962, 1965, 1967, 1969, 1973, 1980, 1986, 1991, 1992, 1993, 2014, 2016).
  • Dei 15 mondiali piloti vinti dalla Ferrari, cinque sono stati conquistati all’ultimo GP (1956, 1958, 1954, 2002 e 2007). Gli altri 10 sono finiti a Maranello prima dell’ultima gara. Rispetto al numero di gare, i tre campionati acquisiti con maggiore anticipo sono stati il campionato 2002 (dopo il 65% dei Gran Premi), quello del 1952 (dopo il 75% delle gare), nel 2001 (dopo il 76,5%) e nel 2004 (77,8%).

In basso il dettaglio del punto del campionato in cui i piloti Ferrari hanno conquistato matematicamente il titolo mondiale

L’ultima tabella riguarda i 13 mondiali, negli ultimi 50 anni, in cui la Ferrari è stata in lotta per il titolo piloti, ma senza vincerlo. Tredici campionati di cui almeno la metà erano quasi in tasca ai piloti di Maranello.

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