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“Oltre ogni ragionevole dubbio”, il racconto di un processo con molti indizi e rare prove

Il giallo del giudice-scrittore Francesco Caringella che racconta la storia di due amanti processati per l’omicidio in assenza di cadavere dell’imprenditore barese Michele De Benedictis

“Oltre ogni ragionevole dubbio”, il racconto di un processo con molti indizi e rare prove

Nella narrativa accade che a volte nello stesso periodo escano due libri incentrati magicamente sullo stesso argomento. L’anno scorso questa coincidenza si è verificata per il testo “I giorni del giudizio” (pagg. 552, euro 15; Sellerio) di Giampaolo Simi e con “Oltre ogni ragionevole dubbio” (pagg. 268. Euro 16; Mondadori) del giudice-scrittore Francesco Caringella.

Entrambi i testi con storie processuali, ambiti territoriali e personaggi diversi, narrano della camera di consiglio di un processo penale per omicidio.

Giampaolo Simi è a mio giudizio uno dei migliori scrittori contemporanei con una propria lingua e con notevoli capacità letterarie, anche come autore per Rai Fiction (Nero a metà). Caringella che è il secondo testo che cronologicamente abbiamo letto – cogliendone la corrispondenza di argomento precipuo – lo avevamo tenuto a battesimo narrativamente con “Il colore del vetro” (Robin edizioni) nel maggio del 2013 nella nostra rassegna “Libri, con-tatto”. Già all’epoca capimmo che c’erano in lui le storie e la lingua.

Ora il magistrato e formatore giuridico dopo una buona gavetta narrativa ha dato alle stampe questo “Oltre ogni ragionevole dubbio”, un giallo Mondadori che narra di un processo con molti indizi e rare prove a carico di Antonella Altavilla e Giulio Maselli: due amanti processati per l’omicidio (?) in assenza di cadavere dell’imprenditore barese Michele De Benedictis. I processi indiziari sono rogne per le giurie popolari, come in questo caso dove le ammissioni degli imputati riescono ad ingarbugliare il tutto. A capo della giuria popolare c’è la presidente Virginia Della Valle magistrato rigoroso che ha alle spalle un altro processo similare ed un vissuto sentimentale che l’ha confinata in una solitudine molto rumorosa. Dopo avere letto questo testo che ci conferma quelle qualità narrative di Caringella che avevamo intravisto nel 2013 comprendiamo anche quello che Carnelutti diceva: “il processo è di per sé una pena”. Non solo per gli imputati ma anche per quelle persone che ruotano attorno all’evento. Compreso quel Ferdinando Coppolecchia giornalista-conduttore del contenitore “La notte del giudizio” – amore giovanile di Virginia – che con una talpa nella Corte d’Assise vorrebbe prevederne il giudizio finale.

L’autore con uno stile veloce ma curato riesce a trasfondere narrativamente la temperatura del processo descrivendo bene tutti: i protagonisti volontari e gli involontari, un giornalismo televisivo morbosamente curioso; sullo sfondo di una città come Bari, Levante italiano. In realtà il giallo s’interroga sulla forma processuale che dà una verità tecnica ed impersonale che è parte delle tante verità mondane e che nulla ha a che vedere con la Verità appannaggio di pochi eletti. Colpevoli o innocenti? In coda il veleno e la verità reale.

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