L’NBA ai playoff senza Popovich, il coach mito che faceva la spia per la CIA

I San Antonio Spurs non si sono qualificati, non accadeva da 23 anni. La Vanguardia ricorda chi è il tecnico laureato in geopolitica della guerra fredda, e che odia Trump

Popovich

La prima vittima davvero eccellente della “bolla” a Disney World è Pop. Gregg Popovich e i suoi San Antonio Spurs mancheranno ai playoff NBA per la prima volta negli ultimi ventitré anni. E non è solo un lutto statistico, è come se mancasse di colpo un pezzo di storia del grande basket americano.

Ne parla in un bel pezzo La Vanguardia. Popovich non ha niente del classico profilo sportivo di tanti suoi colleghi. E’ laureato in studi sovietici e geopolitica della guerra fredda. Non perde occasione per criticare Trump, a cui si riferisce come un “codardo senz’anima”. Ha lavorato per i servizi segreti degli Stati Uniti in Turchia e prima di dedicarsi al basket ha considerato una carriera come spia.

Mancheranno le sue conferenze stampa condotte al ritmo di laconici “sì” e “no”, con la fronte corrucciata dell’uomo più scontroso d’America. Non è sempre così, non con tutti. Il suo genio è esplosivo, ma selettivo. Può abbattere il tavolo delle bibite negli spogliatoi se i suoi giocatori non seguono le sue istruzioni (indipendentemente dal fatto che vincano o perdono), oppure causare due falli tecnici per dare una scossa alla squadra, ma le chiavi del suo successo sono una mente fredda e analitica ed una profonda empatia che usa per fare in modo che ognuno anteponga il bene comune all’egoismo individuale e alla voglia di mettersi in mostra per fare più soldi. I suoi giocatori prediletti erano Tim Duncan, Manu Ginobili e Tony Parker. Invece non è mai andato d’accordo con Kawhi Leonard.

Jeff Van Gundy, ex allenatore dei Knicks e dei Rockets, voleva che i suoi giocatori fossero macchine che si preoccupavano solo di basket e donne. Pop, al contrario, è un uomo colto che interroga i suoi ragazzi su Saddam Hussein e le armi di distruzione di massa, o su combatté contro gli inglesi nella prima guerra boera. E spera che conoscano le risposte. Altrimenti…

Coach Pop ha compiuto 71 anni, è l’allenatore della nazionale olimpica che in teoria dovrebbe andare a Tokyo, è sulla panchina degli Spurs dal 1996, e lì ha conquistato cinque anelli e vinto più di mille partite. Spesso dice che “se non fosse stato per Tim Duncan, sarei un allenatore di terza divisione”. O forse un agente della CIA, scrive La Vanguardia.

Padre serbo e madre croata, è cresciuto in una famiglia operaia a East Chicago, un sobborgo della grande metropoli che tecnicamente fa parte dello stato dell’Indiana. Fin da piccolo era affascinato dal basket e trascorreva ore e ore ad allenarsi da solo. Ha giocato per l’Accademia dell’aeronautica militare, dove è stato capitano e top scorer mentre studiava scienze politiche e si specializzava in studi sovietici. Ha conseguito una laurea anche in educazione fisica e si è offerto volontario per lavorare per il leggendario Larry Brown (all’Università del Kansas), che divenne il suo mentore. Nei ventitré anni alla guida degli Spurs, il resto delle squadre ha cambiato allenatore più di 230 volte. Lui è sempre lì, ma stavolta senza playoff.

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