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«L’apnea è un lungo tuffo che assorbe l’universo. Aiuta a trovare la pace. Ogni volta risalire è una scelta»

Il CorSera intervista Umberto Pelizzari recordman di apnea. «Avevo cominciato perché temevo l’acqua: fu mia madre a spedirmi in piscina. Negli abissi cerco il mio io, è un’esperienza mistica, ai confini del divino».

«L’apnea è un lungo tuffo che assorbe l’universo. Aiuta a trovare la pace. Ogni volta risalire è una scelta»

Il Corriere della Sera dedica una lunga intervista a Umberto Pelizzari, recordman di apnea nel 1999, quando raggiunse -150 metri in 2’57”.

«Un detto buddista dice che tutto quello che fai quando non respiri è giusto. L’apnea come disciplina e regola di vita porta a fare riflessioni e dà una sensibilità particolare rispetto al corpo: sarò di parte, ma aiuta a trovare situazioni di pace. Il primo passo lo compie il corpo: impari la cosa più innaturale, trattenere il fiato. Dici: chi me lo fa fare? Ma se realizzi che l’apnea può darti tanto in termini di rilassamento, ecco che entra in gioco l’anima. Feroce tenacia e implacabile costanza, ma anche gioia e spensieratezza: tutto questo è l’apnea».

Pelizzari descrive l’esperienza dell’immersione. Un momento in cui le pulsazioni rallentano ed è come se il corpo svanisse e restasse solo l’anima.

«È un lungo tuffo che sembra assorbire l’universo. Ogni volta risalire è una scelta: sono io che torno a riappropriarmi della mia dimensione umana per venire di nuovo alla luce. Il primo respiro nel riemergere è come il primo respiro fatto quando sono uscito dal ventre di mia madre».

Non si scende in profondità per guardare qualcosa in particolare.

«Non si scende in apnea per vedere, ma per guardarsi dentro. Negli abissi cerco il mio io. È un’esperienza mistica, ai confini col divino».

Se si avesse paura non si deciderebbe mai di scendere a tali profondità.

«Però può subentrare: ho conosciuto chi ha smesso perché non riusciva ad arginarla».

Pelizzari racconta come ha iniziato a nuotare.

«Avevo cominciato perché temevo l’acqua: fu mia madre a spedirmi in piscina».

Parla del suo maestro, Mayol.

«Mi disse: “Se vuoi immergerti con me, rinuncia a tutto ciò che attiene alla tua personalità umana; togliti anche il profondimetro e l’orologio. Ogni volta che raggiungi il fondo del mare devi assaporare sensazioni di piacere un po’ più forti e un po’ più belle di quelle che hai avvertito la volta precedente”».

Sottolinea la necessità di salvaguardare il mare.

«Non ci rendiamo conto di quanto sia importante, gli manchiamo di rispetto: una sana educazione ambientale non guasterebbe. Il mare sa rigenerarsi e ripartire, ma non so per quanto tempo potrà farlo se non gli daremo tregua».

 

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