I controlli serrati per le partite ravvicinate hanno evitato la diffusione del virus. Ma cosa accadrà a settembre, con le routine normali?
Per quattro mesi, il calcio in Spagna ha vissuto in una bolla, anche se non proprio come quella NBA. Prima tutti chiusi in casa come i cittadini di mezzo mondo, poi sottoposti a un ritmo frenetico di partite e allenamenti, con test ogni due o tre giorni che hanno notevolmente ridotto il rischio di contagio. Un tour de force dettato dalle ambizioni sportive che non ha lasciato spazio alla vita sociale. Ma ora che la Liga s’è conclusa, la bolla è scoppiata per le vacanze: dopo sette giorni appena di relax, ecco spuntare come funghi i positivi. Dall’attaccante del Real Madrid Mariano, a Nemanja Gudelj, del Siviglia (che il 6 agosto avrebbe dovuto giocare contro la Roma. E poi due calciatori dell’Almería e del Saragozza, per non parlare dei 28 infetti del Fuenlabrada, in Segunda Division
Una diretta conseguenza del ritorno ad un accenno di vita qualunque, scrive El Pais. Cosa che pone il calcio professionistico davanti ad una evidenza preoccupante in vista delle routine future. Quando la Liga tornerà a metà settembre non ci saranno più partite ogni tre giorni. “Il ritmo non sarà così faticoso, i giocatori godranno di più riposo e, quindi, il rischio di positivi aumenterà, come dimostra questa breve finestra”.
Per il momento, le prime misure sono prudenti. Un singolo positivo mette a dura prova l’intero club e, per estensione, l’intera competizione. Ma nei casi di Siviglia, Almeria e Saragozza, c’è anche il timore che possano venir fuori altri contagi, perché i tre infetti hanno avuto contatti, almeno con i loro compagni.
“Problemi e dubbi che si moltiplicano in uno sport che all’interno di una bolla è riuscito a rimanere in piedi, ma all’esterno ha iniziato a inciampare”.